Brueckner, l’arresto a Brera per traffico di droga

Il pedofilo sospettato di aver rapito Maddie fu bloccato nel 2018 dai carabinieri. L’arrivo dalla Svizzera e il finto appuntamento

La piccola Maddie McCann (Ansa)

La piccola Maddie McCann (Ansa)

Milano, 5 giugno 2020 - Fine settembre del 2018 , un uomo dall’aspetto trasandato si presenta al consolato tedesco di via Solferino, in zona Brera: dice di essere appena arrivato dalla Svizzera e di aver perso il portafogli con documento d’identità, carta di credito e passaporto. Gli addetti della sede diplomatica inseriscono il suo nome in banca dati e scoprono in pochi minuti che quel misterioso signore, che all’epoca non aveva ancora compiuto 41 anni (è nato a Wurzburg il 7 dicembre 1976), è ricercato per un mandato di arresto europeo spiccato poco più di una settimana prima dal Bundeskriminalamt (Bka), l’ufficio federale della polizia criminale alle dirette dipendenze del Ministero degli Interni di Berlino: deve scontare 6 anni e 10 mesi di reclusione per traffico di stupefacenti. Quell’uomo era Christian Stefan Brueckner, da ieri ufficialmente sospettato di aver rapito e ucciso Maddie McCann, la bambina inglese di 3 anni che nel maggio del 2007 svanì nel nulla durante una vacanza in Portogallo con i genitori. Un predatore sessuale, il ritratto che ne hanno tracciato gli inquirenti tedeschi che indagavano da tempo su di lui, già condannato anche per reati di pedofilia e pedopornografia e attualmente recluso nel carcere di Kiel con l’accusa di aver stuprato una turista americana. Torniamo a quella mattina del 28 settembre. Appena appreso che Brueckner è latitante, i funzionari del consolato avvertono i carabinieri di via Moscova.

Si muovono immediatamente i militari della sezione Catturandi del Nucleo investigativo, ai tempi guidati dal capitano Marco Prosperi: ai diplomatici tedeschi viene detto di far finta di nulla per non insospettire il ricercato e di procedere come se si trovassero davanti a un cittadino qualunque. Infatti, l’uomo, che di fatto è un senza fissa dimora in Italia, non intuisce che sta per finire in trappola: un addetto gli dice che non ci sono intoppi e lo invita a ripresentarsi dopo circa mezz’ora per completare la procedura e ritirare i documenti. All’uscita, Brueckner trova i carabinieri in borghese ad attenderlo: lo fermano con una scusa e in un attimo gli sono addosso, lo bloccano, lo caricano in macchina e lo portano negli uffici del Comando provinciale, lì a poche centinaia di metri. Il resto dell’iter è quello abituale: scatta la segnalazione all’Interpol per comunicare l’avvenuta cattura, poi il quarantenne viene messo a disposizione delle autorità tedesche per la successiva estradizione. Chi c’era quel giorno ricorda che l’arrestato affermò in un italiano molto stentato di aver dato le sue generalità perché totalmente all’oscuro dell’indagine sul traffico di droga; in realtà, più verosimilmente Brueckner era convinto che il consolato non avrebbe fatto controlli approfonditi sulla sua identità o che il mandato di cattura non fosse stato diramato anche all’estero.  

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