Milano – “Cos’è questa storia che mi volete ammazzare?". Ore 10.45 di mercoledì, via Besozzi a Cernusco sul Naviglio. Il capo della Nord Andrea Beretta è appena entrato nella Smart di Antonio Bellocco, rampollo di una delle più potenti famiglie della Piana di Gioia di Tauro e sempre più influente nelle dinamiche che ruotano attorno al secondo anello verde di San Siro. Beretta è convinto che il trentaseienne di San Ferdinando voglia "farmi la pelle": qualcuno gliel’ha confidato qualche giorno prima (e pare che quella soffiata avesse fondamento), dandogli la possibilità di anticipare le mosse del rivale e di presentarsi "preparato" all’eventuale appuntamento (con una calibro 9x21 con matricola abrasa e una lama a serramanico). "Sì, ammazziamo te e la tua famiglia", avrebbe risposto Bellocco alla prima domanda, almeno nella versione che il quarantanovenne pluridaspato, assistito dall’avvocato Mirko Perlino, ha dato ai pm Sara Ombra e Paolo Storari tre giorni fa al San Raffaele. "Figlio di p., non ho paura di te", la replica di Beretta.
Una telecamera che riprende il parcheggio interno della palestra Testudo immortala la Smart che va in retromarcia e poi scatta all’improvviso in avanti, fuori controllo. La portiera sinistra si apre: nell’abitacolo, sostiene Beretta, Bellocco riesce in qualche modo a disarmarlo, ma lui gli salta addosso armato di coltello e lo ferisce più volte. Nella colluttazione, il capo ultrà finisce a terra, fuori dal veicolo: è in quel momento, secondo le spontanee dichiarazioni rese ieri da "Berro" al gip Lorenza Pasquinelli, che viene ferito all’anca sinistra da un proiettile esploso dall’arma impugnata da Bellocco; ed è verosimile che negli stessi istanti il caricatore si sfili dalla pistola, finendo sull’asfalto. Poi, lo testimoniano i filmati dell’occhio elettronico, Beretta rientra dal lato passeggero e probabilmente (quello che succede all’interno della macchina non si vede) infierisce ancora sul trentaseienne di San Ferdinando, fin quando due uomini usciti dalla palestra riescono a placare la furia.
Tra oggi e domani, il giudice depositerà l’ordinanza di convalida del fermo per omicidio e detenzione illegale della pistola 9x21 e la misura cautelare del carcere; Beretta è attualmente detenuto a Opera. Sul motivo delle tensioni via via crescenti con Bellocco, "Berro" avrebbe fatto genericamente riferimento a screzi sulla divisione degli utili del negozio di merchandising di Pioltello, senza approfondire ulteriormente l’argomento. Il sospetto della Procura e dei carabinieri del Nucleo investigativo di via Moscova, che attendono per lunedì i primi risultati dell’autopsia sul cadavere del trentaseienne, è che in ballo ci fossero ben altri interessi economici: quelli legati all’indotto "nero" del Meazza.
Beretta, da tempo ai vertici della Nord, sarebbe stato a lungo al centro di quegli affari sotterranei, come ipotizzato anche in un’indagine della Digos del 2019 poi archiviata. Soprattutto nel breve regno di Vittorio Boiocchi, di cui è stato braccio destro e "comandante in campo" dopo il ritorno in grande stile dello "Zio" nel 2018 e da cui ha ereditato lo scettro dopo l’uccisione (ancora senza colpevoli) del sessantanovenne il 29 ottobre 2022 sotto casa a Figino. "Boiocchi? Di questo non parlo", avrebbe chiarito agli inquirenti nelle scorse ore. Un Daspo decennale lo teneva forzatamente lontano da San Siro, ma aveva ancora molto potere (e fedelissimi) in Curva: a novembre sarebbero scaduti i termini della sorveglianza speciale, facendo cadere il divieto di soggiorno che gli inibiva accesso e libertà di manovra a Milano. O meglio, in teoria glieli inibiva, visto che i militari gli hanno trovato addosso un documento falso che potrebbe aver utilizzato per recarsi più volte nel capoluogo. Quella carta d’identità era sconosciuta agli archivi delle forze dell’ordine: segno che le incursioni di "Berro" non sono mai state intercettate.