![In alto, la vetrina di un negozio Alviero Martini. Sotto, uno dei laboratori perquisiti dai carabinieri In alto, la vetrina di un negozio Alviero Martini. Sotto, uno dei laboratori perquisiti dai carabinieri](https://www.ilgiorno.it/image-service/version/c:YTQyNmZkYTUtYmE4Ny00:Y2JjMTg3/in-alto-la-vetrina-di-un-negozio-alviero-martini-sotto-uno-dei-laboratori-perquisiti-dai-carabinieri.webp?f=16%3A9&q=1&w=1560)
In alto, la vetrina di un negozio Alviero Martini. Sotto, uno dei laboratori perquisiti dai carabinieri
Milano – Per ogni tomaia realizzata venivano pagati 1,25 euro, per ogni fibbia 50 centesimi. Riposavano poche ore in locali fatiscenti adibiti a dormitorio all’interno dei capannoni e a fine mese portavano a casa circa 600 euro. Sono le condizioni in cui lavoravano i cittadini cinesi in gran parte clandestini – ingaggiati all’insaputa della Alviero Martini spa – che cucivano negli opifici abusivi borse, scarpe e altri accessori venduti sul mercato col marchio Alviero Martini, l’azienda di moda affiancata da amministratori giudiziari dai giudici Roia, Rispoli e Cucciniello.
Le paghe da fame
I loro racconti emergono dai verbali agli atti dell'inchiesta dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro, coordinata dai pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone. "Vengo retribuita in base al numero di scarpe lavorate, vengo pagata 1,25 euro a tomaia... non ho mai fatto visite mediche, formazione, non ho mai avuto dpi e non ci sono estintori in azienda”, ha spiegato un'operaia agli investigatori. In fotocopia, in pratica, le altre testimonianze.
![Uno dei dormitori negli opifici abusivi che lavorano per l'azienda Alviero Martini scoperti dai carabinieri](https://www.ilgiorno.it/image-service/version/c:ODM5OGFiNmMtOWQxNy00:NDJhNTYy/uno-dei-dormitori-negli-opifici-abusivi-che-lavorano-per-l-azienda-alviero-martini-scoperti-dai-carabinieri.webp?f=16%3A9&q=1&w=1560)
Orari notturni
Quasi tutti hanno detto di "lavorare solo tre ore” al giorno, anche se gli inquirenti hanno accertato, dato l'altissimo numero di pezzi prodotti e i consumi elettrici registrati nei laboratori, che producevano soprattutto in orari notturni e nei festivi, quando solitamente non vengono effettuati controlli.
![I controlli dei carabinieri begli opifici abusivi che lavoravano in subappalto per l'azienda Alviero Martini](https://www.ilgiorno.it/image-service/version/c:ZWYzMzVhMTUtNmMxMi00:MTBkZWU5/i-controlli-dei-carabinieri-begli-opifici-abusivi-che-lavoravano-in-subappalto-per-l-azienda-alviero-martini.webp?f=16%3A9&q=1&w=1560)
“Condizioni degradanti”
Stando alle indagini, se gli opifici cinesi (8 quelli scoperti nell'inchiesta tra Milano, Monza e Pavia) incassavano circa 20 euro per un prodotto finito, seguendo, poi, la catena dei subappalti l'azienda di alta moda lo pagava alla fine 50 euro e nei negozi (una volta aggiunti i costi per l’acquisto e le lavorazioni delle materie prime e degli accessori - come pellami, tessuti, accessori metallici – e altre voci accessorie quali trasporto, packaging, etichettatura) veniva esposto per il prezzo di 350 euro. Dentro questo circuito di "abbattimento dei costi” erano inserite, secondo i magistrati, pure quelle condizioni “degradanti” per i lavoratori: stipati in “micro camere”, in ambienti “insalubri, pericolosi per la loro salute e sicurezza”, senza areazione né luce naturale, con impianti elettrici di fortuna, cibo vicino alle sostanze chimiche e “chiazze di muffa” ovunque. Tutti poi “continuamente sorvegliati”, anche con delle videocamere. E ovviamente niente ferie, malattia e contributi.
Alviero Martini spa sottolinea di non aver tratto «alcun profitto dalla commissione degli illeciti riscontrati dalla Procura».
La posizione dell’azienda
Da parte sua l’azienda Alviero Martini “ribadisce che tutti i rapporti di fornitura sono disciplinati da un preciso codice etico a tutela del lavoro e dei lavoratori al cui rispetto ogni fornitore è vincolato. Laddove emergessero attività illecite effettuate da soggetti terzi, introdotte a insaputa della società nella filiera produttiva, assolutamente contrari ai valori aziendali, si riserva di intervenire nei modi e nelle sedi più opportune, al fine di tutelare i lavoratori in primis e l'azienda stessa”. L’azienda sottolinea poi “di essersi messa tempestivamente a disposizione delle autorità preposte, non essendo peraltro indagati né la società né i propri rappresentanti, al fine di garantire e implementare da parte di tutti i suoi fornitori il rispetto delle norme in materia di tutela del lavoro”.