Inchiesta Alviero Martini spa, le testimonianze dei lavoratori delle ditte in subappalto: “Pagati 1,25 euro per ogni pezzo prodotto”

Milano, il racconto dei cittadini cinesi impiegati nei laboratori clandestini che producevano per la maison di moda: al lavoro di notte e nei giorni festivi per evitare i controlli

In alto, la vetrina di un negozio Alviero Martini. Sotto, uno dei laboratori perquisiti dai carabinieri

In alto, la vetrina di un negozio Alviero Martini. Sotto, uno dei laboratori perquisiti dai carabinieri

Milano – Per ogni tomaia realizzata venivano pagati 1,25 euro, per ogni fibbia 50 centesimi. Riposavano poche ore in locali fatiscenti adibiti a dormitorio all’interno dei capannoni e a fine mese portavano a casa circa 600 euro. Sono le condizioni in cui lavoravano i cittadini cinesi in gran parte clandestini  – ingaggiati all’insaputa della Alviero Martini spa – che cucivano negli opifici abusivi borse, scarpe e altri accessori venduti sul mercato col marchio Alviero Martini, l’azienda di moda affiancata da amministratori giudiziari dai giudici Roia, Rispoli e Cucciniello.

Le paghe da fame

I loro racconti emergono dai verbali agli atti dell'inchiesta dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro, coordinata dai pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone. "Vengo retribuita in base al numero di scarpe lavorate, vengo pagata 1,25 euro a tomaia... non ho mai fatto visite mediche, formazione, non ho mai avuto dpi e non ci sono estintori in azienda”, ha spiegato un'operaia agli investigatori. In fotocopia, in pratica, le altre testimonianze.

Uno dei dormitori negli opifici abusivi che lavorano per l'azienda Alviero Martini scoperti dai carabinieri
Uno dei dormitori negli opifici abusivi che lavorano per l'azienda Alviero Martini scoperti dai carabinieri

Orari notturni

Quasi tutti hanno detto di "lavorare solo tre ore” al giorno, anche se gli inquirenti hanno accertato, dato l'altissimo numero di pezzi prodotti e i consumi elettrici registrati nei laboratori, che producevano soprattutto in orari notturni e nei festivi, quando solitamente non vengono effettuati controlli.

I controlli dei carabinieri begli opifici abusivi che lavoravano in subappalto per l'azienda Alviero Martini
I controlli dei carabinieri begli opifici abusivi che lavoravano in subappalto per l'azienda Alviero Martini

“Condizioni degradanti”

Stando alle indagini, se gli opifici cinesi (8 quelli scoperti nell'inchiesta tra Milano, Monza e Pavia) incassavano circa 20 euro per un prodotto finito, seguendo, poi, la catena dei subappalti l'azienda di alta moda lo pagava alla fine 50 euro e nei negozi (una volta aggiunti i costi per l’acquisto e le lavorazioni delle materie prime e degli accessori - come pellami, tessuti, accessori metallici  – e altre voci accessorie quali trasporto, packaging, etichettatura) veniva esposto per il prezzo di 350 euro. Dentro questo circuito di "abbattimento dei costi” erano inserite, secondo i magistrati, pure quelle condizioni “degradanti” per i lavoratori: stipati in “micro camere”, in ambienti “insalubri, pericolosi per la loro salute e sicurezza”, senza areazione né luce naturale, con impianti elettrici di fortuna, cibo vicino alle sostanze chimiche e “chiazze di muffa” ovunque. Tutti poi “continuamente sorvegliati”, anche con delle videocamere. E ovviamente niente ferie, malattia e contributi.

Alviero Martini spa sottolinea di non aver tratto «alcun profitto dalla commissione degli illeciti riscontrati dalla Procura».

La posizione dell’azienda

Da parte sua l’azienda Alviero Martini “ribadisce che tutti i rapporti di fornitura sono disciplinati da un preciso codice etico a tutela del lavoro e dei lavoratori al cui rispetto ogni fornitore è vincolato. Laddove emergessero attività illecite effettuate da soggetti terzi, introdotte a insaputa della società nella filiera produttiva, assolutamente contrari ai valori aziendali, si riserva di intervenire nei modi e nelle sedi più opportune, al fine di tutelare i lavoratori in primis e l'azienda stessa”. L’azienda sottolinea poi “di essersi messa tempestivamente a disposizione delle autorità preposte, non essendo peraltro indagati né la società né i propri rappresentanti, al fine di garantire e implementare da parte di tutti i suoi fornitori il rispetto delle norme in materia di tutela del lavoro”.

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