ANDREA GIANNI
Cronaca

"Allenamenti da incubo, mia figlia rinata grazie al Milan"

Calcio femminile, ragazze nel mirino dell’allenatore con insulti e frasi omofobe. La battaglia di un genitore: rispetto per le donne

di Andrea Gianni

"Dopo aver vissuto un trauma, mia figlia è stata accolta dal Milan a braccia aperte e poi dal Piacenza: ha ricevuto supporto psicologico, ha trovato un ambiente sano che le ha permesso di continuare a coltivare il suo sogno". Attilio Barbieri è il papà di una delle ragazze, all’epoca dei fatti non ancora 15enne, coinvolte nella vicenda che ha portato alla squalifica per nove mesi dell’ex allenatore della squadra di calcio femminile di Novi Ligure, la Novese, per insulti e frasi omofobe e discriminatorie rivolte ad atlete. Frasi come "Sei grassa come un maiale", "Hai portato la carta igienica? Perché fai c...", "Pensi solo a leccare la f...", trasformando in un incubo quelli che in teoria avrebbero dovuto essere momenti dedicati a sport, divertimento e sana competizione. Barbieri, giornalista milanese, ha scelto di uscire allo scoperto con un "appello alla Figc e a tutte le istituzioni sportive" letto durante un convegno dell’associazione ChangeTheGame, "a difesa di un gruppo di ragazze coraggiose, ma anche di tutte le donne nel calcio, per la loro libertà e soprattutto per il loro rispetto. Un rispetto ancora del tutto assente e che la giustizia sportiva sta dimostrando di non essere in grado di tutelare, vittima di procedure anacronistiche oltre che di errori ed omissioni gravi, imbarazzanti e alla fine inaccettabili".

Attilio Barbieri, a che età sua figlia si è avvicinata al mondo del calcio?

"Ha iniziato a sei anni, giocando anche in squadre come l’Inter. Per una bambina in Italia serve una grande motivazione e passione per praticare questo sport, scontrandosi con pregiudizi e difficoltà. All’età di 14 anni è entrata nella Novese, anche per una questione di vicinanza a casa nostra, visto che abitiamo vicino a Voghera. La società era in crescita, tanto che nel 2019 la prima squadra ha vinto il campionato di serie C passando di categoria".

Quando vi siete accorti che qualcosa non andava?

"Dall’estate del 2019, proprio quella segnata dai successi sportivi. Nostra figlia non ci diceva molto, ma abbiamo percepito che stava succedendo qualcosa, che il clima non era sereno. Poi si parlava con gli altri genitori, nelle società piccole le voci circolano in fretta. L’insulto in campo era diventato la regola, ma si è andati anche ben oltre. Abbiamo deciso, quindi, di svincolarla".

Sua figlia ha pensato di smettere di giocare?

"Era demotivata e traumatizzata, è arrivata quasi alla scelta di mollare tutto. Poi, per fortuna, abbiamo trovato supporto nel Milan, dove ha ricominciato ad appassionarsi. Adesso è in prestito al Piacenza, e anche lì ha trovato un ottimo ambiente. Intanto continua a studiare Scienze umane".

Dopo l’appello, porterà avanti la sua battaglia?

"Stiamo valutando altre azioni su questo caso specifico. In generale vorrei impegnarmi per un cambiamento nel mondo del calcio, ancora troppo poco preparato per affrontare e prevenire casi analoghi. Le donne hanno diritto a giocare in un contesto di rispetto e serietà senza essere vessate, umiliate o discriminate per il solo fatto di essere donne. La vicenda della Novese ha portato anche a un cambio di sensibilità da parte delle istituzioni del calcio".

Vi aspettavate una posizione più netta da parte della Figc?

"All’epoca non avevano dimostrato la vicinanza che secondo me avrebbero meritato queste ragazze. Sarebbe bastato un comunicato per dire “Non siete sole“. Pare, però, che qualcosa si stia muovendo, anche grazie ai media".

Che cosa consiglia a genitori con figli che si vogliono avvicinare al calcio?

"Di verificare in primo luogo il legame contrattuale instaurato tra i loro figli e la società, perché ci sono giovani che si trovano vincolati fino a 25 anni da un tesseramento che rischia di diventare una gabbia. Poi di vigilare con la massima attenzione, per intervenire il prima possibile quando ci sono campanelli d’allarme".