Inquinamento in Lombardia, solo tre città non sforano i limiti di Pm10: ecco quali

Negli altri nove capoluoghi i miglioramenti sono insufficienti per rispettare i valori fissati da Europa e Oms

Milano sotto una coltre di smog (foto d'archivio)

Milano sotto una coltre di smog (foto d'archivio)

Milano – Miglioramenti insufficienti per arrivare al 2030 in regola con i limiti previsti dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria. Con la fine della stagione invernale e i riscaldamenti spenti nella maggior parte della Lombardia, si può già calcolare il trend del 2023 relativo alle emissioni di Pm10, uno dei principali inquinanti durante il periodo di accensione delle caldaie. Silvi Costruzioni Edili ha definito le tendenze dell’anno in corso sulla base dei dati degli ultimi 10 anni raccolti da Arpa Lombardia e Legambiente. Solo Sondrio, Lecco e Varese riusciranno a stare (a fatica) entro i 20 microgrammi per metro cubo d’aria di Pm10, le particelle sospese di smog. Tutti gli altri capoluoghi sforeranno il valore medio annuale che Europa e Oms chiedono di rispettare.

Tutte le città lombarde - regione dove ogni anno si scoprono 7.800 tumori ai polmoni - sono riuscite a migliorarsi dall’anno scorso. Lecco, Sondrio e Varese sono le prime a presentarsi in regola con valori tra 19 e 20 microgrammi per metro cubo. Per tutti e tre il 2022 si era chiuso con una media di poco superiore al limite: 22 per Lecco e Sondrio, 23 per Varese. Gli altri 9 capoluoghi si devono accontentare di qualche passo in avanti, ma insufficiente per Europa e Oms. Milano e Cremona con 30 microgrammi sono le peggiori per emissioni di Pm10, anche se un anno fa la media era ancora più alta (35). C’è poi un lungo esercito di città a quota 28: Brescia, Monza, Lodi, Pavia e Mantova. Nel 2022 viaggiavano tutte con valori medi superiori ai 30: Brescia, Pavia e Mantova 32; Monza e Lodi 33. Chiudono Como (25) e Bergamo (24), bocciate con i dati di Pm10 meno alti. Anche per loro il trend previsto per il 2023 fa segnare un miglioramento della qualità dell’aria: un anno fa erano rispettivamente a 28 e 29.

La curva è in discesa. Nel 2015 9 capoluoghi su 12 erano da bollino rosso con valori medi record: Pavia 114, Milano 101, Cremona 92, Lodi 90. Solo Varese (41), Sondrio (35) e Lecco (32) riuscivano a contenere lo sforamento con valori da fascia arancione. Negli anni successivi è stata una serie di alti e bassi: Sondrio nel 2018 è stata la prima a riuscire a stare sotto la media di 20 microgrammi al metro cubo e l’unica, ad eccezione del 2022, a rimanere costantemente entro i limiti. Lecco e Varese ci sono riuscite nel 2019 e nel 2021. Per le altre città si sono alternate annate da bollino rosso ad altre con sforamenti più contenuti. Neppure nel 2020, col lockdown totale di marzo e la riduzione dei veicoli autorizzati a circolare, lo scenario è cambiato: tutti i capoluoghi (tranne Sondrio) hanno superato la media annuale. Un dato che ha riportato l’attenzione sulla forte incidenza degli impianti di riscaldamento nell’aumento delle emissioni di Pm10 nell’aria.

In Lombardia gli edifici meno inquinanti (classe energetica A) sono 543.341. Ancora una piccola parte guardando alle percentuali sul totale del patrimonio immobiliare. Monza è la provincia dove il mattone è più green: uno su quattro (23,8%) ha la massima certificazione energetica. Seguono Cremona (18,1%) Bergamo (15,65%), Brescia (14,4) e Como (13,45%) nell’ultima posizione delle prime cinque province con più edifici a basso impatto ambientale. Sondrio (11,6%) e Milano (11,5%) quasi a parimerito e Lecco (10,65%) chiudono il quadro dei territori a doppia cifra. Mantova (6,6%), Pavia (6,95%) e Varese (7,7%) sono invece le tre province con meno immobili in classe A.

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