SIMONA BALLATORE
Cronaca

Ale Baldi, dalla Puglia a Milano: "Amo la città veloce. Io corro di più"

Il cabarettista si racconta: "Non mi presero al primo provino? Mi sono preso da solo"

Ale Baldi

Milano, 12 maggio 2018 - «Tutto ha avuto inizio a Milano. Allo Zelig. Non mi presero al provino, mi presentai lo stesso...». Da allora Ale Baldi, cabarettista pugliese, è diventato milanese a tutte gli effetti. «E questa città non la cambierei con nessun’altra al mondo, ha il mio stesso passo», giura lui, classe 1977. E pensare che voleva fare il musicista, poi vira sui villaggi turistici e capisce che la comicità è il suo piatto forte. Così prepara le valigie: direzione Madonnina, anzi viale Monza.

Milano è una scelta di vita?

«Assolutamente. Mi sono posto la domanda: Roma, cinema e teatro, o Milano, tivù e intrattenimento? Io avevo poco tempo, Milano era la via più rapida e a livello lavorativo avevo un gancio come animatore di studio».

Un pugliese fuori sede: primo impatto?

«In realtà sono un “terrone” anomalo (ride), mi sono subito trovato bene perché Milano è una città veloce come me. Sono arrivato il primo ottobre, il 2 avevo il provino, Milano è Zelig ed è fondamentale per chi vuole fare questo lavoro. Non mi hanno preso ma dopo due settimane mi sono ripresentato lì. “Che ci fai qui?”, mi chiesero. Insomma, mi sono preso da solo. E mi sono abituato subito a questa vita».

Frenetica?

«Ho festeggiato il Capodanno il 30 dicembre. Sono quasi più veloce io».

I suoi luoghi del cuore?

«Zelig, ovviamente, e tutta la zona di viale Monza, Precotto, Loreto. Poi amo particolarmente Brera e i Navigli, sia per la loro vivacità che per il clima artistico».

Ha messo radici.

«Ho preso casa a Peschiera Borromeo, alle porte di Milano, sulla pista di Linate. Da lì non mi sono più mosso. Sono cresciuto qui anche con un altro amico, che fa morire dal ridere ed è un pugliese adottato da Milano come me, Vincenzo Albano che ieri ho invitato sul palco. Milano non la cambierei mai, c’è tutto, tivù locali, una rete imbattibile nell’intrattenimento, una marcia in più. A teatro ho visto qui per la prima volta il mio idolo, Fabrizio Bentivoglio con Sergio Rubini. Puoi trovare turco alle 3 di notte e sushi alle 5 di mattina».

E come si mette con le orecchiette alle cime di rapa?

«Ci sono anche quelle. Ho i miei posti fidati».

Per il suo nuovo spettacolo “Alequaleshow“ in versione teatrale ha scelto di partire da Milano e dallo Zelig. Scelta obbligata?

«Segno di gratitudine. Ho cominciato, manco a farlo apposta, tutto da qui il 12 maggio del 2011. Sette anni dopo quel debutto, sempre il 12 maggio, riparto da qui. E poi continuo a frequentare il laboratorio di Zelig, che è fantastico. Si scrive, c’è un confronto intenso e un lavorone qui dietro. Adesso c’è anche la Tv, ho registrato qualche puntata di Zelig Time».

Come nasce l’ultimo show?

«Dal web, da casa mia. È stato realizzato interamente da me a regola d’arte, con una scrivania dell’Ikea e con lo sfondo di New York alle spalle. Sul web è difficile, devi trovare uno spettacolo che buchi; 200mila visualizzazioni, per essere la prima volta... niente male. Però poi mi è venuta l’idea di portarlo in tivù, ad ottobre. E ho deciso di anticiparlo con uno spettacolo a teatro, una puntata zero. Che ieri ho presentato allo Zelig ma che ho intenzione di portare in piccoli teatri e in giro per l’estate».

La promessa agli spettatori e ai milanesi?

«Metterò battute che non fanno ridere. Perché un comico che fa sempre ridere è banale. E invece lo ricordi di più se c’è il “però, quella battuta...”. Ecco, sarò colui che vi ha fatto ridere e a volte anche no».