Una notte con i volontari del Cisom: "Così aiutiamo gli invisibili"

Venti chilometri sull’ambulanza, trenta tappe da Porta Romana all’hinterland per aiutare i senzatetto "C’è chi è in strada da anni e non ne vuole sapere di dormitori né di assistenti sociali. Noi li ascoltiamo"

In servizio di pattuglia per aiutare gli invisibili che vivono all’addiaccio. Con i “baschi rossi“ del Cisom, il Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta che, con l’arrivo dell’inverno, intensifica la propria macchina di assistenza a favore dei senzatetto. Attraverso le operazioni dell’Unità di Strada che avvengono due volte alla settimana "nella Milano di sotto che molti non riescono a vedere, quella dei giacigli improvvisati che sorgono di notte vicino a ponteggi, portici e monumenti" afferma Ginevra Bardi, 49 anni, nella vita organizzatrice di eventi e capo-turno nell’unità di strada che mercoledì notte ha coperto l’area sud-est della metropoli. "Per noi sono persone, non casi umani" precisa Lorenzo Farini Quartara, responsabile dell’attività socio-assistenziale del Cisom Milano alla guida del mezzo di soccorso che in quattro ore ha percorso 20 chilometri divisi in 30 micro-tappe fra Porta Romana e San Donato Milanese. I volontari distribuiscono bevande calde, dolci, coperte, kit per l’igiene personale e anche regali (vestiti nuovi) in vista del Natale. "Fornire generi di conforto e coperte di lana è certamente importante quando la temperatura si avvicina allo zero ma è soprattutto lo strumento per entrare in relazione con loro" aggiunge Farini Quartara che ha 51 anni ed è dirigente d’azienda. Se in centro (dove operano moltissime associazioni e c’è una comunità nutrita di senzatetto anche per questioni di elemosina remunerativa) l’"aggancio" è abbastanza facile, nella periferia le cose si complicano perché è dove scelgono di vivere i più schivi.

"C’è chi è in strada da anni e per vari motivi non ne vuole sapere di dormitori né di assistenti sociali. Noi rispettiamo ogni scelta, ci sinceriamo che stiano bene e ci mettiamo in ascolto". "Ogni uscita con l’unità di strada è una lezione di umanità" racconta Francesca Zanon, 51 anni, che ha preso un anno sabbatico dopo 20 anni in banca per fare del bene. Ciascuno delle 16 persone incontrate mercoledì notte è depositario di una storia. Mohamed è presenza fissa nei pressi della stazione ferroviaria di Milano Porta Romana. Si muove di giorno in carrozzina e parla senza mettere il viso fuori dalla sua tenda: "Sono nato ad Alessandria d’Egitto, ho 73 anni, sono stato in carcere per 20 anni. Da quando tempo sono in strada? Non me lo ricordo più" dice prima di troncare ogni comunicazione. Giuseppe che invece di anni ne ha 70 ha scelto di ripararsi sotto l’Arco di Porta Romana ed è un’altra vecchia conoscenza dei volontari. È convinto che gli abbiano occupato il palazzo in viale Puglie "acquistato con 1 milione di euro quando ho cessato l’attività del Grand Hotel Duomo". L’utenza, in prevalenza maschile e immigrata, può essere difficile. Ci sono anche donne come la straniera segnalata come “new entry“ all’ingresso della banca Intesa Sanpaolo di via Sacconi che scappa alla vista dei volontari, pensando forse a dei poliziotti. "Costruire un rapporto di fiducia non è facile, ci vuole tempo. Non chiediamo mai in prima battuta dati personali perché non bisogna intimorirli. Se dormono non li svegliamo ma lasciamo qualcosa per la colazione, perché sappiano che qualcuno si è ricordato di loro. Dare speranza è il primo passo perché tornino a prendere in mano le loro vite" assicura il volontario Marco Ettore Mazzoni, 52 anni, professione legale d’impresa. I volontari a Milano del Cisom sono oltre 200 e per ogni uscita di strada – mercoledì e domenica dalle 19.30 a mezzanotte fra centro e quadrante sud-est – ne sono coinvolti 15. Due volte al mese ci sono medici e infermieri dell’ambulatorio medico alle stazioni di Garibaldi e Rogoredo. I servizi, dal 2010, non si fermano mai, neanche a Natale.

 

 

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