
Agnese Sailis lavora in una residenza sanitaria assistenziale
"La cosa più triste è vedere colleghe e colleghi che il 15 del mese chiedono un anticipo dello stipendio, e che sperano nell’ennesimo cambio di appalto per poter incassare subito il Tfr. Siamo arrivati al limite". Agnese Sailis lavora in una residenza sanitaria assistenziale a Cesano Boscone e, dal 2008, ha avuto cinque diversi datori di lavoro. Le ditte che, di volta in volta, a ogni cambio di appalto, si sono avvicendate riassorbendo il personale. E, ogni volta, si ricomincia da capo, lavorando sempre come addetta alle pulizie negli spazi della Rsa.
"Con un contratto part time di 23 ore di lavoro settimanali prendo circa 850 euro al mese – spiega Agnese – ed è evidente che, con il costo della vita attuale, i soldi non bastano mai". Gli stipendi, per le loro mansioni, sono sempre stati bassi. Il problema, che ha fatto esplodere la crisi, è l’aumento del costo della vita e delle spese essenziali, per la casa, per riempire la dispensa o per curarsi. E, così, è saltato un equilibrio precario.
"Tante colleghe e colleghi stanno attraversando serie difficoltà – racconta – e questo emerge dall’aumento delle persone che chiedono un anticipo dello stipendio perché non riescono più a far fronte alle spese. I soldi in busta paga finiscono in 15 giorni, e per le altre due settimane mancano le risorse per sopravvivere". Si tratta di lavoratori che, ad eccezione dei neoassunti, hanno anche attraversato gli anni della pandemia, quando i contagi sono dilagati nelle strutture sanitarie e le Rsa si sono trovate in prima linea.
"Durante la pandemia le imprese che si occupavano della sanificazione ci hanno guadagnato – prosegue Agnese Sailis – e a noi non è rimasto in tasca nulla. Abbiamo solo visto peggiorare anno dopo anno le condizioni di lavoro, mentre nel frattempo è aumentato il costo della vita, arrivando a livelli insostenibili. Noi continuiamo a fare azione sindacale, cercando di ottenere risultati concreti".