di Marianna Vazzana
"Avevo solo 8 anni. In via Edmondo De Amicis all’angolo con corso Genova c’era una prostituta sotto l’acqua. Sorpassandola, mi sono voltata... Mio padre mi ha dato un potente ceffone e mi ha detto: ‘Queste donne non si guardano!’. Non gli ho chiesto il perché, ma per me è iniziato il problema. Chi sono queste donne? Perché così sole? Perché così esposte? Perché così tristi?". Era il 1917. Adele Bonolis, prozia del conduttore Paolo Bonolis, allora non poteva sapere che quell’episodio avrebbe segnato la sua vita per sempre, una vita dedicata al recupero di persone in stato di bisogno: ha fondato quattro Case tra gli anni Cinquanta e Sessanta in Lombardia, tuttora attive, per l’accoglienza.
Sotto la sua ala prendeva ex prostitute, detenuti liberati per fine pena o con le amnistie post-belliche, dimessi da ex manicomi criminali. Tutto questo mentre, dopo essersi formata nell’Azione Cattolica, insegnava religione al liceo classico Berchet. Se n’è andata l’11 agosto del 1980 ma non è mai stata dimenticata: è stata proclamata "venerabile" da Papa Francesco lo scorso 21 gennaio ed è al centro di una causa di beatificazione e canonizzazione. Una milanese quasi santa. La sua vera voce si può sentire nel docufilm “La centesima strada” di Paolo Lipari, realizzato da Fondazione Adele Bonolis-As. Fra., che sarà presentato in streaming giovedì 25 sul sito www.fondazioneadelebonolis.it. È lei stessa a raccontare l’episodio capitatole da bambina ma non solo: l’audio è quello registrato durante una visita alle sue strutture, recuperato grazie al restauro di vecchie audiocassette.
"Io sono rimasto colpito dalla sua freschezza e modernità. Una donna figlia della borghesia milanese, battezzata nella basilica di Sant’Ambrogio, dal grande acume e nello stesso tempo dalla grande sensibilità. Invitava a casa sua i malati psichiatrici e le ragazze dei bordelli, e continuava a insegnare religione. Alcuni storsero il naso e invocarono l’aiuto dell’arcivescovo, che allora era il cardinal Montini, futuro papa Paolo VI. La convocò e lei conquistò il suo sostegno", racconta Alessandro Pirola, presidente della Fondazione Bonolis e del comitato per la canonizzazione. "Siamo in attesa del riconoscimento ufficiale di un miracolo. Per noi è dato dalla rinascita umana di tutte le persone comunemente ritenute irrecuperabili".
Fabrizio Treglia, 70 anni, è stato suo alunno al Berchet e la ricorda come "una persona autorevole e gentile. Ci valorizzava, vedeva in noi più di ciò che vedevamo noi stessi. Un giorno ci raccontò che un ragazzo stava per suicidarsi gettandosi da un palazzo: lei rimase lì sotto finché il giovane non decise di ripensarci. In tutto quel tempo, lei aveva pregato il suo angelo custode". Treglia è poi diventato medico "e ho scoperto solo grazie alla mia professione che aveva fondato le Case. Quello che ha seminato continua a rifiorire". Le strutture sono a Vedano al Lambro, Montano Lucino, Lenno e Cibrone. "Case residenziali con 80 ospiti, malati psichiatrici - conclude Pirola -. In più abbiamo costruito 7 appartamenti e ne realizzeremo altrettanti. Sempre in nome di Adele, confidando nella provvidenza".