
Un test d’ingresso al Politecnico
Milano, 19 giugno 2025 – Il Politecnico di Milano entra nella classifica delle 100 università migliori al mondo: è il primo ateneo italiano a varcare questa soglia da quando esiste il Qs World University Rankings (è 98esima, piazzamento finora mai raggiunto). E pure i colleghi milanesi guadagnano terreno, con l’università San Raffaele che spicca per impatto alla ricerca (28esima a livello globale nell’indicatore “citazioni per docente“), la Statale che fa un balzo di 44 posizioni per esiti occupazionali e la Cattolica che scala 33 posizioni nella graduatoria internazionale che analizza oltre 1.500 istituzioni accademiche in 106 paesi.
“Finora l’Italia era l’unico Paese del G7 a non avere un’università nella top 100 del Qs World University Rankings”, sottolinea la rettrice del Politecnico, Donatella Sciuto.
Rettrice, un risultato storico per il Politecnico e per l’Italia?
“Non è che ci basiamo sui ranking per le nostre decisioni, ma credo che questo sia un premio alle strategie che abbiamo intrapreso al Politecnico: questo riconoscimento è frutto di una visione di lungo termine, portata avanti anche dai rettori che mi hanno preceduta. E i risultati di quest’anno mettono in luce il valore della ricerca e della formazione pubblica italiana, spesso sottovalutata. Siamo in difetto di finanziamenti e investimenti nella ricerca pubblica e privata, ma nonostante questo, siamo competitivi rispetto a università americane e ad altre europee che possono contare su più finanziamenti”.
La sfida alla partenza è impari.
“Sì, ma sappiamo utilizzare bene i fondi che abbiamo. È chiaro che avere più risorse non vuol dire automaticamente ottenere ottimi risultati, ma aiuta”.
In dieci anni avete scalato 89 posizioni. Qual è stata la strategia?
“Siamo migliorati sia nella reputazione accademica sia nella ricerca e nella formazione grazie all’internazionalizzazione dell’ateneo, degli studenti (sono più di 8.400 quelli stranieri, soprattutto nelle lauree magistrali, ndr) e dei docenti (il 10% oggi è internazionale) e alla qualità dei nostri laureati. Ma possiamo ancora migliorare”.
Dove?
“Siamo un po’ deboli nel rapporto docenti e studenti, anche se è un aspetto strutturale del nostro sistema, e nella presenza di una faculty internazionale. Ci stiamo lavorando, nonostante i limiti rispetto ad altre sedi”.
Intende nel meccanismo di reclutamento?
“Sì. Ma puntiamo sui giovani. I professori già affermati hanno le loro vite e i loro laboratori già creati altrove. Ma possiamo dare opportunità di crescita in Italia ai giovani, anche se con stipendi più bassi rispetto a quelli svizzeri, ad esempio”.
Viste le politiche universitarie trumpiane, contate di attrarre di più anche dagli Usa?
“Se pensiamo di attrarre con gli stipendi non abbiamo nessuna speranza, ma possiamo garantire libertà di ricerca. Gli Usa hanno stipendi più alti, fondi di ricerca più consistenti anche dal privato e non solo dal pubblico. Però la qualità dei nostri studenti, dottorandi e la qualità dei gruppi di ricerca con cui lavorare sono un valore”.
Per attrarre serve anche un sistema-Milano più accogliente nelle politiche abitative.
“Non è un problema che si risolve in due giorni, ma stiamo costruendo nuove residenze nel nuovo campus di Bovisa, apriremo a settembre 80 posti a Cremona e altri 300 saranno a disposizione alla Casa dello Studente di Milano, ristrutturata”.
Migliora anche l’indice dell’occupazione. Il rapporto tra atenei e imprese è a doppio filo?
“C’è un dialogo costante con le aziende sia con il career service, per avere un match migliore con i laureati, sia con i nostri alumni e le imprese, che ci aiutano a migliorare la nostra offerta formativa per fare in modo che i nostri laureati rispondano alle necessità del mondo del lavoro non solo di oggi ma del futuro, con percorsi più interdisciplinari”.
Prossime sfide?
“Più percorsi in lingua inglese anche nelle triennali. Dobbiamo prepararci all’inverno demografico. E stiamo studiando come utilizzare l’intelligenza artificiale nella formazione, sia con i tutor sia analizzando dati che ci permettano di aiutare gli studenti alle prese con difficoltà temporanee prima che lascino l’università”.