"Io non ci crederò mai". Ancora: "Una notizia agghiacciante, che non ho ancora metabolizzato". Decine sono i messaggi di cordoglio, i cuori e le lacrime lasciati dagli amici sui profili social di Ludovico Vanoli, il base jumper imprenditore di 41 anni che ha perso la vita venerdì durante un lancio sulle Dolomiti Bellunesi, che gli è stato fatale. Originario di Montichiari (Brescia), viveva tra il Trentino e Milano. Lascia una moglie e due figli piccoli. Amava volare, Ludovico Vanoli: sulla neve, tanto da insegnare snowboard a Madonna di Campiglio; sull’acqua, ed era tra i fondatori di “Wakeparadise“, il parco acquatico all’Idroscalo (una sede anche a Brescia) per gli sport con la tavola, come surf e wakeboard, disciplina che nasce dalla fusione tra lo sci nautico e lo snowboard. Ma amava volare anche in aria. E adorava il “base jumping con tuta alare“, uno sport estremo che si pratica lanciandosi da un’altura indossando una tuta speciale che somiglia a un’ala e che permette di planare e volare ad altissima velocità. Venerdì qualcosa è andato storto: è morto durante un lancio nei pressi del rifugio capanna Trieste a Taibon Agordino, in Val Corpassa, sulle Dolomiti Bellunesi. Forse ha urtato una guglia rocciosa, precipitando. Era esperto, Vanoli. Si era lanciato decine e decine di volte. Distrutti i familiari, gli amici i colleghi, che si trovano a piangere un’altra vittima. La terza in pochi giorni. E si accende la riflessione, innescata da una domanda che tanti si pongono: ne vale la pena. Sul gruppo Facebook “Paracadutismo Italia“, Mirco Z. risponde: "Ogni volta che usciamo dall’aereo o che ci buttiamo da una montagna noi accettiamo. Accettiamo che l’emozione più bella della vita ci potrebbe costare la vita stessa. Sappiamo che il punto più alto della bellezza della vita è vicinissimo alla linea sottile con la morte". M.V.
Cronaca"Addio Ludovico, il confine tra bellezza e morte è sottile"