
Una vita da romanzo, un cognome importante e una casa a Milano piena di fotografie, stampe e acquerelli colorati.
È morta ieri notte all’ospedale San Paolo all’età di 77 anni, dopo una lunga malattia, Dagmar Mann, l’artista tedesca riscoperta per caso tre anni fa dagli operatori dei servizi di assistenza domiciliare e tornata a esporre prima del lockdown. Un momento magico, quella mostra del dicembre 2018 al WeMi Stelline di corso Magenta. Poi di nuovo il silenzio della pandemia e i tanti acciacchi dell’artista.
Negli anni Settanta questa bellissima donna arrivata dal nord aveva fatto scalpore sulla scena artistica milanese. Originaria di Kolberg, lo stesso cognome dell’autore de “I Buddenbrook” (di cui non ha mai ammesso né smentito la parentela), dopo una carriera artistica iniziata tra Amburgo, Stoccolma, Oslo, Venezia e Napoli, approdò coi due figli a Milano, portando subito una ventata di libertà. Nel ’72 l’allora paludata Rai2 dedicò un servizio all’iniziativa rivoluzionaria di questa pittrice controcorrente, capace di parlare cinque lingue, che aveva deciso di esporre i quadri su appuntamento nella sua casa, denunciando con questo gesto le difficoltà di tanti giovani artisti nel trovare una galleria dove mettersi in mostra. Tante le successive esposizioni, oltre alla pubblicazione di libri illustrati, frutto di un immaginario artistico fatto di animali, soprattutto gatti ed elefantini, ma anche donne, colli e seni, bambole, paesaggi incantati e "cieli di sogni di Alice, Peter Pan, Andersen e Mary Poppins", come scrisse di lei Franco Russoli, sovrintendente a Brera in quegli anni.
Una pittura sempre fresca, fatta di paesaggi romantici e animali (quei "gatti che assomigliano ai fidanzati di Chagall", scrisse di lei Mario Monteverdi), nata quasi per caso. "Ho fatto mille cose per sbarcare il lunario - raccontava qualche anno fa, in occasione di una mostra al Micromuseo di Monza -. Dalla street art ai ritratti a carboncino. Un giorno ho usato troppo colore per una Cleopatra e l’ho messa sotto la doccia: è stata la prima opera che ho venduto".
Monica Guzzi