
Angelo Basile
Milano, 10 marzo 2018 - «Avere paura è inutile. Ogni tanto urlo, quando non ne posso più della confusione. Per esempio quando sento lo skateboard a un metro dalla mia porta, all’1 di notte, o quando il corridoio è pieno di rifiuti. Per due volte ho subito furti in casa. Per fortuna c’è solidarietà fra noi inquilini anziani e disabili: siamo nella stessa situazione, in minoranza. Una quindicina su 40 alloggi. Ci sentiamo come prigionieri in casa nostra», mosche bianche in un “fortino” che pare un campo rom sviluppato in verticale, dentro appartamenti popolari. Angelo Basile ha 61 anni, è invalido e si sposta solo con la sua carrozzina. Vive in un alloggio di via Bolla 38, al Gallaratese, in una palazzina che è parte del complesso Aler tristemente noto per occupazioni abusive (dei 244 appartamenti, tra i civici 26 e 42, oltre il 30 per cento risulta invaso), mini discariche, allacciamenti elettrici fai da te e cantine trasformate in rifugi. Al piano in cui vive Angelo, su otto alloggi, solo due sono abitati da persone con un contratto regolare, «io e un altro invalido», spiega. E i due si danno manforte l’un l’altro.
«Sono stato derubato due volte – racconta il 61enne –. La prima, la sera di Halloween: ho fatto entrare dei ragazzini che mi hanno rubato il telefono senza che me ne accorgessi. Per fortuna poi l’ho recuperato. Un’altra volta, invece, qualcuno si è intrufolato in casa mia dal balcone, portandosi via 25 euro e un libretto degli assegni». Ma Angelo e il vicino non rappresentano un’eccezione: basta bussare alle porte, un piano dopo l’altro, per sentire lo stesso ritornello: «Viviamo circondati da famiglie abusive», molte passate dalle roulotte in strada alle case popolari. «Ogni giorno schiamazzi, rifiuti che si accumulano e viavai». Lo dice anche Rosanna Mattei: «Su otto famiglie, siamo in tre regolari. Vivo qui da 33 anni ma ora la situazione è insostenibile e ho chiesto un cambio di alloggio». «Io cambierei casa di corsa, se potessi – continua Francesco Rizzitiello –. Sono venuti a farci visita alcuni politici, prima delle elezioni. Di via Bolla si parla da mesi ma di soluzioni non ce ne sono». «Vivo male, come tutti gli altri», continua Maria Zavota.
In fondo ai corridoi spuntano carrelli della spesa, masserizie buttate, stracci. «E se riusciamo ad andare avanti – dicono i più anziani – è solo perché cerchiamo di farci forza a vicenda», in una palazzina in cui non sono solo le occupazioni a rappresentare un problema. «Cade tutto a pezzi. I citofoni sono rotti, così come le caselle della posta. Il portone non esiste più. Pure la targhetta col civico è sparita. E poi abbiamo avuto l’ascensore bloccato per mesi». Problema che ha tenuto prigionieri gli invalidi, intrappolati in casa. Solo al quinto piano la situazione pare diversa: il pavimento è pulito, alle pareti sono appesi quadri e, fuori da ogni porta, c’è la targhetta coi nomi. «Pare quasi un condominio “normale”. Ma noi – svela Ester Tucchi – ci salviamo perché tra di noi c’è un’inquilina 90enne soprannominata “carabiniere”, che monitora la situazione e scaccia subito eventuali intrusi». Ogni giorno, la battaglia ricomincia.