L’indagine è ancora ai primi passi e si preannuncia lunga e articolata. C’è una buona base di partenza, per quanto orribile e spaventosa: decine e decine di chat tra persone che si scambiano materiali pedopornografico e 19 gigabyte di filmati da passare al setaccio. Per adesso, c’è un trentaduenne italiano in carcere, arrestato in flagranza dai carabinieri della Compagnia Magenta una settimana fa: l’insospettabile incensurato è accusato di detenzione di 713 video e di diffusione di alcuni di quei contenuti ad almeno cento persone. L’inchiesta è partita lo scorso 12 settembre, quando una donna di origini sudamericane si è presentata alla stazione Barona dell’Arma: ai militari ha raccontato di essere stata contattata da un uomo per un incontro sessuale a pagamento, aggiungendo che lo stesso interlocutore gli aveva inviato via chat video pornografici con minori.
A quel punto, gli investigatori hanno avviato gli accertamenti sul numero di cellulare, risalendo all’intestatario: un trentaduenne residente a Lodi. Da lì è scattata la perquisizione: in un cloud esterno, l’uomo aveva accumulato più di 700 video, divisi in tre cartelle. I carabinieri hanno acquisito anche le chat di Whatsapp: una prima analisi ha permesso ai militari di rintracciare messaggi in cui si fa chiaramente riferimento a un vero e proprio tariffario, con prezzi variabili che vanno da un minimo di 20 a un massimo di 30 euro a seconda del filmato che si intendeva acquistare. Ora l’inchiesta andrà avanti per individuare il maggior numero di contatti possibile del trentaduenne.
N.P.
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