
La rubrica "Tòcch de Milan" di Gianfranco Gandini
Milano, 28 maggio 2016 - El Bagolon era il soggetto che esaltando le qualità di una merce cercava di accattivarsi la curiosità del pubblico per riuscire a vendere il prodotto. La figura del «bagolon» ebbe particolare rilievo nella seconda metà del 1800 poiché i milanesi affibbiarono il nome di «Bagolon del luster» agli imbonitori che dovevano reclamizzare un nuovo prodotto: il lucido per scarpe. Ma andiamo con ordine, come detto il lucido per le scarpe era allora un nuovo prodotto che pian piano riuscì a sostituire ciò che sino a quel momento era usato per la lucidatura delle calzature e che era un composto formato da fuliggine e grasso animale. Tale miscuglio in genere era prodotto dai droghieri (i fondeghee in milanese) ed era venduto al pubblico in scatolette di legno o semplicemente avvolto nella carta. Fu la Francia che verso il 1850 per prima usò il «cirago», in una scatoletta di metallo, sostituendo il grasso animale con la cera o il colore nero sciolto nell’alcool, conquistando con questo prodotto tutta Europa. L’italiano Pangrazzi aprì una fabbrica per la produzione di questo prodotto che da altri invece era venduto grezzo a pezzetti similmente a come si commercializzava allora la pece. Il venditore per cercare di convincere le persone ad acquistare il prodotto, si esibiva spesso nella prova pratica: lucidava le scarpe di qualche possibile cliente, mentre ne spiegava la tecnica e mostrava poi le scarpe al pubblico per dimostrare l’efficacia del lucido. La chiacchiera ininterrotta dei venditori valse pertanto la definizione di «el bagolon del luster». La «bagola» in dialetto è fandonia, bugia e anche pallina, piccola palla mentre «bagolà» è raccontare bugie e anche chiacchierare senza scopo. Da lì l’appellativo dato agli imbonitori del nuovo prodotto. Diverse furono anche le ispirazioni poetiche derivanti: «... gh’era sui basèj (c’erano sugli scalini del Duomo) Quei tai famosi bagolon del luster (quei famosi imbonitori del lucido) Che parlaven di or senza fiadà ( c he parlavano delle ore senza respirare) Coi banchitt tappezzaa de gran cartej (con bancarelle tapezzate da gran cartelli) Con stampaa in grand «Fermate, alto là»...» (con stampato in grande «Femate(vi) alto là»...)». Un’altra ipotesi sull’attribuzione di «bagolon », ma questa volta senza lucido, vorrebbe che fosse attribuito anche a certi avvocati per sottolinearne la loro logorrea, spesso priva di effettivo valore.