Lodi – Il Comitato per il diritto alla salute di Lodi continua a presentare ricorsi alle aziende sanitarie per far sì che vengano garantiti i diritti di chi deve fare visite o subire interventi e ha una prescrizione medica. I tempi, spesso, vengono disattesi. Andrea Viani del Comitato racconta di due nuovi casi limite per cui il Comitato ha presentato ricorso. "Da metà dicembre in attesa, c’è un paziente 60enne, da tempo portatore di calcolosi renale, con un calcolo di 13 millimetri.
L’uomo, il 20 febbraio 2023, ha ottenuto la prenotazione di ricovero per una “rirs“ (intervento chirurgico di frantumazione del calcolo), al San Matteo di Pavia, ma senza la comunicazione della classe di priorità e del relativo tempo di attesa. Ma tra prenotazione di ricovero e intervento, il tempo massimo di attesa è di 12 mesi in classe di priorità. Dopo tre mesi, il paziente ha telefonato al San Matteo e si è sentito dire che l’intervento non è urgente e deve aspettare. A novembre 2023 il medico di famiglia gli ha prescritto una ecografia addome completa, che il Cup gli ha prenotato il 1° febbraio 2024 al San Matteo. Dal referto risulta che il calcolo è cresciuto fino a circa 17 millimetri".
Il medico di famiglia di fronte a un aumento del dolore, "il 14 marzo ha prescritto una visita urologica che il paziente, dopo gli inutili tentativi di superare la lunga lista di attesa del Cup, ha deciso di fare il 23 aprile all’Humanitas privatamente – continua Viani –. La situazione non si è sbloccata e, informato dalla trasmissione “Presa diretta“, l’uomo si è associa al Coordinamento Lodigiano per il diritto alla salute e il 23 maggio (con dolori renali da 17 mesi e più) ha presentato direttamente all’Irccs San Matteo Pavia il ricorso, al fine di ottenere una soluzione". Per Viani c’è stata una violazione dei tempi di attesa anche da parte dell’Asst di Lodi.
"Il 14 maggio il medico di famiglia ha prescritto un’ecografia addome completo, e una della cute e del tessuto cutaneo, in priorità urgente, con tempo massimo di attesa di 72 ore a una paziente cinquantenne con patologia oncologica alla mammella – spiega –. Lo stesso giorno il Cup ha comunicato alla donna che, non essendoci posto disponibile, sarebbe stato possibile ottenere l’appuntamento accettando di entrare in lista di galleggiamento (il Cup si impegna a cercare il posto e a comunicare poi telefonicamente l’appuntamento".
Il 17 maggio invece il Cup ha ribadito alla donna che "secondo le istruzioni ricevute l’urgenza di 72 ore non ha importanza, poiché la direzione può, a sua discrezione, fissare l’appuntamento anche dopo 10 giorni". Quindi, il 18 maggio, superate le 72 ore, la signora si è associata al Coordinamento e ha presentato il ricorso per imporre all’Asst di attuare gli esami di cui ha urgente necessità nel più breve tempo possibile e comunque non oltre i primi giorni della settimana successiva. "Naturalmente la risposta dell’Asst è stata positiva. In ogni caso, poiché è stato superato il tempo massimo di attesa è stato causato alla paziente il danno da perdita di chance di guarigione".