Lodi, il giallo dei tamponi ai dottori: "Quei risultati attesi da un mese"

La denuncia: "Medici di famiglia e pediatri continuano a operare, devono sapere se sono diventati positivi"

Tampone Covid

Tampone Covid

Lodi, 3 aprile 2020 - Il primo, e finora unico, tampone è stato effettuato il 25 febbraio, una manciata di giorni dalla scoperta del paziente 1 di Codogno. Da quel giorno circa 180 camici bianchi, tra medici di base e pediatri del Lodigiano, lavorano ininterrottamente per garantire un supporto a chi ancora oggi è a casa in convalescenza o con quelli che vengono definiti ‘sintomi sospetti da Covid-19’, casi che però nessun laboratorio però è mai riuscito a certificare.

"La mia è una battaglia che continua da settimane – dice il presidente dell’Ordine dei medici di Lodi, Massimo Vajani –. Serve assolutamente effettuare i tamponi a tappeto per tutti i medici e i pediatri del territorio. Per noi l’ultimo controllo è stato fatto più di un mese fa, il 25 febbraio, a pochi giorni dal primo caso del paziente 1 a Codogno che risale al 21. È troppo poco perché solo nell’ultimo mese abbiamo continuato a lavorare senza sapere se eravamo contagiosi o meno in un territorio, come quello lodigiano, dove potenzialmente tutti possono aver contratto il virus". Secondo l’Ordine di Lodi nella provincia epicentro del contagio da Coronavirus in Italia, sono tanti i medici di base che non avrebbero ricevuto nemmeno l’esito del primo tampone "per la grande confusione che nei primi giorni dell’emergenza ha colpito i laboratori di analisi".

Nel frattempo i telefoni negli ambulatori continuano a squillare, anche se i medici di Lodi assicurano che gli accessi e i casi sospetti da Covid-19 sono in leggera diminuzione, le mascherine protettive contro il virus arrivano col contagocce, e solo negli ultimi giorni. Ma a preoccupare i medici di base è soprattutto la riprese delle attività, il momento in cui il Governo deciderà di iniziare a riaprire il Paese dopo diverse settimane di chiusura forzata per fronteggiare l’emergenza sanitaria. «Siamo preoccupati per quando riapriranno le attività – spiega Massimo Vajani –. È chiaro che tante persone dovranno rivolgersi a noi medici di base per chiederci i certificati per poter tornare a lavoro dopo il periodo di malattia. Solo chi è negativo a due tamponi consecutivi può ritenersi guarito dal Coronavirus. Se questi test però non vengono fatti come facciamo? Anche un solo caso positivo può far ripartire tutto quello che abbiamo vissuto nell’ultimo mese. A rischio ovviamente c’è la salute di tutti".