
Da sinistra, Mauro De Francesco, Annalaura Confuorto, Michela Miniero Rossella Scavizzi, Simona Cannas e Fabio Picca, comandante della penitenziaria
Lodi – La Casa Circondariale di Lodi ha presentato ieri due nuovi progetti che prenderanno il via dalla collaborazione con il dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università Statale di Milano, grazie alla dottoressa Michela Miniero, direttrice del dipartimento, e alla dottoressa Simona Cannas e che mirano a portare profondi cambiamenti tra i detenuti. Partner dell’iniziativa sarà l’associazione WeAnimal, che da anni impiega professionisti ed esperti per fornire supporto e formazione negli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA), meglio conosciuti come “pet therapy”.
In via Cagnola al numero due arriveranno due nuovi ospiti, due gatti del Parco Canile e Gattile di Milano, protagonisti insieme ai detenuti del progetto “Gattabuia”. L’obiettivo sarà quello di “far entrare la speranza dalle feritoie – ha dichiarato Annalaura Confuorto, direttrice del carcere di Lodi -. Il progetto rientra nel mandato rieducativo con cui si vuole portare la responsabilizzazione, la socializzazione e l’integrazione tra i detenuti”. Una coabitazione particolare che porterà due gatti, animali liberi ed indipendenti, all’interno di uno spazio per loro vasto ed esteso, ma che è ristretto per chi quotidianamente lo abita.
Sarà quindi responsabilità dei detenuti, che verranno formati da Mauro Di Giancamillo e Stefano Simonetta, accudire e prendersi cura dei gatti. “Aumenterà il senso di responsabilità dei detenuti e ne ridurrà l’aggressività”, spiega il comandante facente funzioni della Polizia penitenziaria Mauro De Francesco. “L’affettività reciproca e il prendersi cura dell’altro - sottolinea Rossella Scavizzi, educatrice e responsabile d’area - aumenteranno la loro responsabilizzazione, sarà un’importantissima interazione”.
Un progetto che varrà sull’intersezionalità tra la restrizione e la libertà, che verrà ritrovata dai gatti e permetterà una maggior partecipazioni dei carcerati, che non vedono l’ora del loro arrivo, alla vita della Casa Circondariale. Alcuni tra loro, si sono già offerti di occuparsi della lettiera. Il progetto, che mira a educare all’affettività anche coloro che sul territorio non hanno contatti, rientra nel più ampio progetto di professionalizzazione (questo il secondo progetto presentato ieri): l’Università permetterà infatti ai detenuti di frequentare diversi corsi di studio, sia per l’ottenimento del diploma che della laurea, non solo nelle mura della Casa Circondariale che conta oltre cento detenuti, ma anche al di fuori. Il progetto impatterà sulla vita dei detenuti anche dopo il fine pena. Una scelta che consentirà il reinserimento nella società con maggiori competenze, responsabilità e abilità professionali.