
Marisa Losi 80 anni
Lodi, 28 aprile 2019 - Marisa Losi, 80 anni, si definisce «una leonessa», come del resto indica il suo segno zodiacale, essendo nata il 9 agosto del 1938. Solo due anni fa è entrata prima nei master poi nei supermaster di nuoto, vincendo medaglie d’oro a raffica. Nata a Palermo, si è trasferita con la famiglia a Lodi dove ha frequentato le scuole dalle elementari fino all’istituto magistrale Vegio. Si è sposata con l’artista Enzo Vertibile di cui, dice, «sono stata moglie e modella». Da lui ha avuto una figlia e due nipoti. Negli anni ha lavorato presso un notaio e da giovane è stata pure una crocerossina, quando ancora le volontarie erano chiamate a prestare aiuto in ospedale: «Ho imparato che bisogna aiutare tutti, senza guardare. Inoltre l’esperienza mi è stata utile per stare accanto a mio marito nella sua lunga malattia. Però lui, anche quando era allettato, mi spronava ad andare in piscina a nuotare e mi ha fatto promettere di continuare a coltivare questa mia passione, la stessa che lui aveva per l’arte».
«UNA DOTTORESSA, un anno fa, mi ha negato l’idoneità per continuare a effettuare le gare di nuoto solo a causa dell’età, 79 anni. Ma non mi sono arresa, ho lottato e mi sono fatta riammettere, tornando a vincere medaglie d’oro. Per me l’acqua è vita». Marisa Losi, 81 anni il 9 agosto, è senz’altro un’ottuagenaria dal carattere forte, solare, oltre che dal fisico atletico.
Signora Losi, quando ha iniziato a gareggiare con i ‘master’ del nuoto lodigiano?
«Mi sono tesserata alla Federazione Italiana Nuoto due anni fa, su invito di mio nipote, ora il mio ‘coach’, l’allenatore Claudio Gorla: da allora ho perfezionato lo stile e ho portato a casa 19 medaglie».
Tra la fine del 2017 e il maggio 2018 però ha subito uno stop forzato: cosa è accaduto?
«Io sto benissimo di salute ma durante una visita medica sportiva la dottoressa era preoccupata che durante le gare, data l’età, fossi colta da malore. Cosa che, in fondo, capita anche ai ragazzini o ai grandi atleti sui campi di calcio. Mi è dispiaciuto molto che mi abbia negato l’idoneità all’agonismo perché non ho potuto partecipare ai campionati italiani di Palermo, la città dove sono nata, dove ho imparato a nuotare e che desideravo tanto rivedere, e neppure agli europei in Slovenia».
Com’è tornata a gareggiare?
«Ho presentato ricorso in Regione per farmi riammettere. Ho anche telefonato per protestare. Ho rifiutato di sottopormi a esami invasivi come la coronarografia e altri. Alla fine mi sono rivolta ad un altro medico sportivo che mi ha trovato in uno stato di salute straordinario e così ho potuto effettuare di nuovo il tesseramento alla Fin. E gareggiare. Anche se per me le gare non sono importanti. Mi chiamano, io mi presento e nuoto, perché mi piace farlo. Non mi sento i miei anni».
Quali sono le sue specialità e i suoi tempi personali?
«Ho abbandonato lo stile delfino e sono passata dai 200 metri stile libero e 200 dorso ai 100 o 50 stile e dorso. Senza guardare a risultati e tempi. A tenere il cronometro in mano e a incoraggiarmi da bordo vasca è la mia fan più grande, mia nipote Monica ‘Mimmi’ Gorla. Lei mi assicura che i miei tempi migliorano, a dispetto dell’avanzare dell’età. Sono arrivata prima, ormai nella categoria supermaster, compiendo, mi dice, i 100 stile libero in 3 minuti e 14 secondi, i 100 dorso in 4,06; i 50 a stile in 1,28, a dorso in 1,57».
Com’è nata la passione per il nuoto?
«L’ho avuta fin da bambina. A Palermo ero sempre in acqua: non ho fatto corsi, ho imparato da sola. Lo stesso all’Isola d’Elba dove ho vissuto durante la guerra. Poi negli anni, quando campeggiavo in giro per l’Italia, facevo il bagno ovunque potessi. Finché non mi sgridavano perché andavo troppo al largo. Sono sempre andata anche a nuotare in piscina».
Oggi quante volte si allena?
«Tre volte a settimana, per circa un’ora. Mio nipote mi ha insegnato a sfruttare le bracciate fino in fondo, ad allenarmi con le pinne palmari e a spingere di più con le gambe nuotando a dorso con le pinne e le braccia dietro la schiena».
Nel suo palmares tanti ori, in gare a staffetta, dorso e stile a cui partecipano anche 700 nuotatori alla volta: ce ne ricorda qualcuno?
«Ho portato a casa gli ori con i trofei Pavia (‘19) e Novara (nel 2018 e ‘19) e quello, lodigiano, del Barbarossa (2 ori per dorso e stile). Ma per me l’oro più bello è quello ottenuto con la maratona di nuoto, a staffetta, fatta per i malati leucemici, insieme a tanti giovani e a chi è guarito da quella terribile malattia».
Che messaggio si sente di lanciare ai suoi coetanei?
«Di non mollare mai. Anche con la malattia di mio marito ho fatto tutto da sola senza abbattermi. Bisogna tenere in funzione i muscoli ma anche la testa. Ho tanti hobby e mi impegno ad aiutare gli altri. E i giovani, che mi chiamano ‘mamma Marisa’, mi vogliono in compagnia. Sì qualcuno mi dà della matta. Ma io tengo duro. Come mi hanno insegnato mio papà, arrivato a 90 anni, e mia mamma, che è arrivata a 100».