Lodi, uccise il cugino per gelosia: non godrà di sconti di pena

Il gip Isabella Ciriaco ha respinto la richiesta di rito abbreviato presentata dall’imputato Ganci

La vittima Amato Dipaola

La vittima Amato Dipaola

Lodi, 30 gennaio 2020 - La guardia giurata Sebastian Ganci, 40 anni, sarà processato senza la possibilità di ricorrere a sconti di pena. Si terrà davanti alla corte d’Assise di Milano il processo ordinario al vigilante originario di Cerignola, ma residente a Tavazzano da anni, accusato di aver ucciso con cinque colpi della sua pistola il cugino Amato Dipaola, 29 anni, all’alba dell’11 agosto scorso in preda a un raptus di gelosia. Il rinvio a giudizio è stato disposto ieri dal gip di Lodi Isabella Ciriaco che ha respinto la richiesta della difesa di Ganci di ricorrere al rito abbreviato.

Da valutare le aggravanti dei futili motivi e della premetidazione. Oltre a questo però non ci sono molti gli elementi che i giudici di Milano dovranno analizzare in aula. L’efferato delitto, avvenuto nell’appartamento di Ganci in via Di Vittorio a Tavazzano, è stato confermato dallo stesso vigilante che poche ore dopo la morte del cugino aveva confessato d’averlo ucciso per gelosia nei confronti di una 17enne romena che in quel momento si trovava nell’appartamento. L’indagato aveva sparato dopo che Dipaola avrebbe detto: "A me di lei non interessa niente, la voglio solo portare a letto".

Un altro elemento a carico del 40enne sono le immagini del sistema di videosorveglianza privata che lo stesso indagato aveva installato all’interno della sua casa in via Di Vittorio. La procura di Lodi aveva subito acquisito le registrazioni nelle quali si vedrebbero chiaramente Ganci mentre impugnava la sua arma. Nel fascicolo anche le parole della ragazza, la 17enne unica testimone del delitto che avrebbe confermato di essere stata la causa del litigio e di esser stata presente all’accaduto. Tra Ganci e la minore vi era un’amicizia speciale pronta ad evolversi in una relazione, che il cugino arrivato appena un giorno prima del delitto dalla Puglia stava mettendo in pericolo. La famiglia di Dipaola, rappresentata dall’avvocato Antonio Merlicco, si costituirà parte civile al processo. "Quella di Ganci è stata una vera e propria esecuzione – ha commentato il legale al termine dell’udienza di ieri –. La famiglia Dipaola ora chiede giustizia".