Codogno, la nuova vita dopo il Covid: "Fragile e col freno tirato"

Il primario di pneumologia di Codogno: non sono più la persona di prima Dovrò convivere con questi sintomi. Per certi versi è già una malattia cronica

Francesco Tursi

Francesco Tursi

Codogno (Lodi), 23 gennaio 2021 -  Esistono date spartiacque. Quella di Francesco Tursi, 47 anni, medico responsabile di Pneumologia dell’ospedale di Codogno, è sicuramente il 28 marzo 2020. Quel giorno il medico lodigiano, colpito dal Covid a fine febbraio mentre era in servizio nel primo fronte italiano dell’emergenza sanitaria, era tornato in servizio tra i suoi pazienti dopo giorni durissimi e la paura di morire. La sua vita è cambiata nel giro di un mese, quando da medico è diventato paziente Covid. Il 21 febbraio, il giorno del ricovero del paziente 1, Tursi era di guardia a Codogno, poi per tutta la settimana successiva aveva lavorato senza sosta all’ospedale di Lodi. Fino alla notte di domenica 1° marzo quando aveva avvertito i primi sintomi: febbre e tosse. E in ospedale la diagnosi non aveva lasciato dubbi: polmonite bilaterale interstiziale. Così il medico lodigiano era stato ricoverato in terapia sub-intensiva all’ospedale Sacco di Milano. Sei giorni durissimi, poi la rinascita soprattutto dopo la nascita a luglio scorso del suo primogenito Antonio.

Dottor Tursi, come sta? "Non ho ancora recuperato tutte le mie energie. Probabilmente dovrò convivere con questa situazione ancora per tanto tempo. Il Covid l’ho sconfitto, ho superato la fase acuta della malattia e la paura di morire. Ma ancora oggi qualche volta mi mancano le forze. Di sicuro non sono più l’uomo di prima".

Dice a livello fisico? "In questi mesi sono migliorato poco. Diciamo che ho imparato a camminare con il freno a mano tirato. Non ho più le performance di prima. Lavorando poi ho dimenticato anche questo aspetto. Ormai devo convivere con questa situazione. Sono sempre un po’ in affanno. Soffro di dispnea da sforzo e sento che la frequenza cardiaca è leggermente più alta".

E a livello mentale si sente un uomo nuovo dopo essere guarito dal Covid? "Sono una persona completamente diversa. Il virus mi ha insegnato a godermi la vita. Ho la consapevolezza dentro di me di poter morire, di non essere eterno e che ogni aspetto della vita bisogna goderselo. Ho iniziato ad apprezzare molto di più le piccole cose. Diciamo una visione quasi zen delle cose".

In questi mesi non ha mai smesso di lavorare: quali sono i problemi che più di altri colpiscono chi guarisce dal virus? "La paura è forse il sintomo che più di altri vivono i pazienti che vengono colpiti dal Covid. Purtroppo stiamo affrontando un virus subdolo proprio per questo motivo: il recupero fisico dipende dal singolo individuo e dalla sua predisposizione, per quello mentale serve uno sforzo maggiore perché quando questa malattia ti colpisce, soprattutto se in forma severa, ti lascia sempre sensazioni molto brutte".

Crede che il Covid possa diventare una malattia cronica? "Per certi aspetti lo è già. Dal Covid non si guarisce solo con il tampone negativo. Bisogna monitorare tanti aspetti e tenere sotto controllo i pazienti. Ma ora siamo molto più bravi a gestire i casi grazie all’attività di prevenzione e alle cure efficaci".