Coronavirus, il racconto: "Io, salvato dai medici di Lodi grazie al Telecovid" / VIDEO

Un cinquantenne di Casale racconta come la medicina a distanza sia stata per lui decisiva. Insieme all’affetto dei bimbi adottati in Africa

Francesco Briganti, tecnico dell’Anas, con uno dei bambini di Italia Solidale

Francesco Briganti, tecnico dell’Anas, con uno dei bambini di Italia Solidale

Lodi, 23 aprile 2020 -  "A salvarmi la vita sono stati i medici dell’ospedale Maggiore di Lodi, con il 'TeleCovid', il servizio di telemedicina a distanza, e l’affetto degli amici, dei missionari e della famiglia del bambino che ho adottato a distanza con la onlus Italia Solidale". Francesco Briganti, 53 anni, di Casalpusterlengo, geometra che lavora come tecnico dell’Anas a Milano e Lecco, racconta la sua storia di malato affetto da coronavirus. Briganti, lei risiede nella prima zona rossa isolata per la pandemia.

Cosa è successo? Quando si è ammalato? "Quando c’è stato l’isolamento dei primi 10 comuni della Bassa e nessuno poteva entrare o uscire non potevo spostarmi, ma stavo bene. Quando la zona rossa è stata riaperta ed il blocco è stato esteso al resto della Lombardia e d’Italia, essendo impiegato in un servizio essenziale come quello della manutenzione delle strade sono stato chiamato a prestare la mia attività sulla strada dello Spluga. Non potevo usare la mia auto, perché proprio a febbraio avrebbe dovuto fare la revisione, non c’erano treni, così ho acquistato in farmacia una mascherina chirurgica e un paio di guanti in lattice e ho preso l’autobus per recarmi al lavoro. Molta gente, sul mezzo, non aveva protezioni. Credo di aver contratto lì il virus". Quando le è stato diagnosticato e che decorso ha avuto? "Dopo un paio di settimane dalla ripresa del lavoro: avevo febbre alta che gli antibiotici non fermavano. Il 28 marzo mi hanno fatto una lastra all’ospedale di Lodi, è stata accertata la polmonite, quindi sono risultato positivo al tampone. Dato che i parametri non erano molto gravi e che vivevo da solo e dunque non potevo contagiare qualcuno, i medici hanno ritenuto opportuno che andassi a casa". Da allora è sotto monitoraggio tramite il software donato da Zucchetti all’ospedale, il Tele Covid? "Sì, ho un saturimetro e tutti i giorni, tramite pc, accedo al programma e inserisco i miei parametri vitali. I medici mi chiamano comunque tutti i giorni, sono meravigliosi, mi hanno salvato la vita. Ho ancora due settimane di cura da fare e poi spero che questa cosa passi. Dovrò fare gli accertamenti per la polmonite e poi due tamponi per vedere se sono negativizzato. È stata la mia ex moglie, che vive con mio figlio, di 16 anni, ad aiutarmi, portandomi spesa e medicine". Lei ha realizzato un video per lanciare un messaggio di solidarietà in cui dice: «Una della cose più brutte in questo momento è sentirsi soli». Cosa le ha dato la forza di reagire? "Da circa 9 anni sono volontario di Italia Solidale, onlus ( www.italiasolidale.org ) fondata da padre Angelo Benolli che si occupa di adozioni a distanza: sono stato come volontario nelle missioni in Brasile, Colombia e Kenya. In questi giorni di quarantena ho ricevuto tantissimo affetto proprio da quegli amici, volontari, missionari: ho potuto parlare per qualche minuto col bambino che ho adottato in Colombia e ho riletto un centinaio di volte la lettera ricevuta dalla sua famiglia, che prega per me: tutto questo amore è una medicina che salva dal virus. Ormai il Covid sta circolando anche in Africa, India e SudAmerica, dove ci sono le missioni laiche di Italia Solidale. Il messaggio di solidarietà che, da malato, voglio inviare al mondo colpito dalla pandemia è l’invito a cogliere anche in questo momento l’opportunità di un’adozione a distanza, che aiuta le famiglie povere a rendersi indipendenti: l’amore per un bambino, salva noi stessi".