Codogno, il nuovo Pronto soccorso è “sdoppiato”

Gli accompagnatori dei pazienti devono aspettare fuori. Per l’inverno bisognerà trovare soluzioni

Il termoscanner posizionato all’ingresso per misurare la temperatura di chi entra

Il termoscanner posizionato all’ingresso per misurare la temperatura di chi entra

Codogno (Lodi), 5 giugno 2020 - L’immagine del 21 febbraio con gli occhi atterriti delle infermiere che chiudevano in tutta fretta le porte del pronto soccorso attorno alle 10.30 del mattino sembra, fortunatamente, un lontano ricordo. Ieri, a distanza di 104 giorni, il luogo dove Mattia Maestri, il paziente 1, era stato ricoverato, l’orologio della storia si è rimesso in moto. Ma come capita quando arriva, improvvisa, una bufera, quando le acque si calmano, la situazione che si ripresenta non può più essere come prima.

Ed anche per il Pronto soccorso è iniziato un nuovo anno zero. Il polo di emergenza-urgenza nell’attuale location era stato inaugurato nel settembre del 2005 dopo anni in cui era operativo nel blocco centrale del nosocomio e ieri dunque è coinciso con una seconda rinascita. I lavori di riqualificazione sono durati circa un mese e mezzo ed hanno permesso di presentare una struttura completamente diversa, “piegata“ al volere di un virus che ha decisamente costretto a modificare non solo i protocolli e gli ambienti interni, ma anche l’approccio sanitario.

L’entrata è sempre la stessa, una doppia porta a vetri oltre la quale è stato piantato un termoscanner che, a distanza, misura la temperatura corporea e avvisa se l’utente indossa correttamente i dispositivi di protezione. Da quel punto, inizia un percorso separato per chi ha i sintomi del virus: a sinistra entrano in una specia di area protetta coloro che hanno bisogno di un approfondimento diagnostico (possono essere allestiti fino a dieci posti letto qualora l’emergenza si ripresentassse) mentre gli altri proseguono fino in fondo al corridoio dove è stato installato un nuovo “triage“.

Tutto è stato pensato per garantire una doppia assistenza. E’ come se il Pronto soccorso avesse dovuto sdoppiarsi. Le sale di degenza per i sospetti Covid sono separate da quelle di coloro che hanno altre patologie e tra di loro c’è un’area prefiltro. Anche il blocco antishock ha, al suo interno, una specie di “bunker“ separato. Ma, oltre agli ambienti, anche l’approccio è modificato: ci sarà una visita medicalizzata del paziente.

In pratica, i codici bianchi potrebbero anche sparire e gli utenti, che hanno esigenza di non essere trattati in ospedale, potrebbero essere invitati a rivolgersi al proprio medico curante. Queste procedure e percorsi non saranno più modificabili e qualora il virus sparisse nel tempo, i protocolli saranno mantenuti inalterati e quindi solo adeguati alle varie esigenze. Il paziente che entrerà nel Pronto soccorso non potrà essere accompagnato dai parenti che dovranno rimanere fuori. Unico neo: l’attesa sia dei pazienti (qualora ci fosse un boom di accessi contemporanei) che dei famigliari dovrà avvenire nell’atrio esterno, dove è stata predisposta una manciata di posti a sedere. La soluzione non sembra ottimale, soprattutto in prospettiva dei mesi più freddi. L’Asst ne è consapevole e non è escluso un intervento strutturale adeguato per chiudere con pannelli di vetro il porticato esterno.