La Deposizione di Cristo a cui avrebbe lavorato Caravaggio. Dov’è e come vederla

Una chiesa di Bernate Ticino, nel Magentino, “nasconde” un tesoro a cui avrebbe contribuito un giovanissimo Michelangelo Merisi

La chiesa di San Giorgio a Bernate Ticino e, a destra, la Deposizione di Cristo

La chiesa di San Giorgio a Bernate Ticino e, a destra, la Deposizione di Cristo

Bernate Ticino, 13 settembre 2023 – C’è un tesoro “nascosto” in una chiesa del Magentino. Un dipinto alla cui realizzazione avrebbe partecipato un giovane Caravaggio, secondo un’ipotesi avanzata per primo dal restauratore Carmelo Lo Sardo e oggi rilanciata da Gérard Maurice Dugay, docente emerito all’università della Sorbona, in Francia.  

Si tratta della Deposizione di Cristo, completata fra il 1584 e il 1585 nella bottega di Simone Peterzano, maestro di Michelangelo Merisi. Caravaggio, che iniziò il suo apprendistato con Peterzano a soli 13 anni, secondo l’ipotesi di Lo Sardo, professore al liceo artistico di Magenta, avrebbe dipinto l’angelo in alto a sinistra che sorregge il corpo di Gesù. 

La storia dell’opera

La pala d’altare fu commissionata nel 1584 da don Desiderio Tirone, priore della canonica. In alcuni documenti risalente al 1774 la tavola viene citata come opera d’ambito lombardo del XVIII secolo. Piuttosto tarda l’attribuzione al Peterzano, sancita nel 2010 in seguito alle ricerche degli studiosi Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa. 

L’opera è stata realizzata a più mani all’interno della bottega del pittore originario di San Giovanni Bianco, nella Bergamasca: dettaglio che avvalorerebbe il contributo del giovane Caravaggio al dipinto.

Descrizione del dipinto

L’opera, di grandi dimensioni (240 x 143 cm), è stata realizzata su legno di tiglio dal Peterzano e dai suoi collaboratori nel periodo milanese del pittore allievo di Tiziano. Caravaggio, all’epoca tredicenne, fu a bottega di Peterzano dal 1584 al 1588. Un periodo considerato molto importante nella formazione del genio del naturalismo, anche perché gli permise di venire a contatto con le influenze veneziane del maestro.

La tavola mostra la deposizione di Gesù Cristo nel sepolcro: nella raffigurazione non sono presenti i personaggi tradizionali delle opere dedicate a questo episodio ma solo la Madonna, un angelo che sorregge il corpo – nei cui tratti, secondo Dugay, si riconosce la “luce del Caravaggio” – e il committente dell’opera.

I colori sono principalmente freddi e severi, come da “indicazioni” della Controriforma, momento della storia della chiesa la cui influenza è percepibile nella tavola. Spicca, però, per luminosità la figura dell’angelo, ovvero proprio quella che sarebbe stata realizzata dalla mano di Caravaggio, a quell’epoca ancora acerba ma sicuramente dotata, presagio degli splendori futuri.

Lo “scopritore”

Quest’anno, nel corso di un convegno dedicato all’opera, il restauratore Carmelo Lo Sardo è tornato sull’attribuzione dell’angelo a Caravaggio. “L’angelo che sorregge pietosamente la figura del Cristo è stilisticamente differente dagli altri personaggi – ha detto il professore – e ha le caratteristiche tipiche di una mano esordiente, ma geniale nella resa aggraziata del movimento e sensibile al colore. Costituisce il germe di un modello stilistico e cromatico che si perfezionerà nelle luminose opere giovanili del Merisi”.