REDAZIONE LEGNANO

Morti per amianto: "Nessuna prova di responsabilità"

Il giudice Beatrice Secchi ha motivato così la sentenza con la quale a febbraio ha assolto quattro ex manager di Enel che erano accusati di omicidio colposo

La centrale di Turbigo

Turbigo (Milano), 26 maggio 2015 - «È certo che le persone offese si sono ammalate di mesotelioma a causa dell’inalazione di fibre di amianto», «ma è estremamente problematico (se non impossibile) stabilire se l’esposizione patita dal lavoratore nel periodo di tempo nel quale l’imputato rivestiva il ruolo di garante sia stata casualmente rilevante nel determinarne la malattia».

Così il giudice Beatrice Secchi della quinta sezione penale motiva la sentenza con cui lo scorso febbraio ha assolto quattro ex manager Enel, accusati di omicidio colposo in relazione alla morte per mesotelioma pleurico di otto operai che hanno lavorato nella centrale termoelettrica di Turbigo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Il pubblico ministero Maurizio Ascione contestava agli imputati, che hanno ricoperto cariche direzionali nell’impianto, responsabilità in merito all’esposizione dei lavoratori alle fibre di amianto, perché non avrebbero disposto le necessarie misure di sicurezza per tutelarne la salute. E per il giudice, le perizie hanno confermato che gli operai sono morti a causa dell’inalazione di amianto, ma «il sapere scientifico non è in grado di indicare con certezza quale sia la durata del periodo di induzione». Manchererebbe quindi la prova sulla responsabilità degli ex dirigenti. «Non è tuttavia possibile affermare - prosegue - che l’esposizione patita dalle persone offese nello specifico periodo di tempo nel quale i singoli imputati sono stati “garanti” della loro salute siano state causalmente rilevanti nel determinarne il decesso».