
Un momento dell’udienza
Emergono dai testimoni i nuovi dettagli sul caso dell’omicidio di Fabio Ravasio, il 47enne di Parabiago travolto e ucciso da un’auto il 9 agosto 2024 nei pressi del cimitero di Casorezzo. Un ex funzionario della Polizia locale di Parabiago – oggi comandante a Cornaredo – ha raccontato in aula di un comportamento anomalo da parte di un agente che avrebbe mostrato un interesse sospetto per l’incidente fin da subito, quando ancora l’inchiesta era nelle mani dei carabinieri. Secondo il testimone, pur essendo in vacanza l’agente si sarebbe premurato di contattarlo più volte via WhatsApp chiedendo se i carabinieri stessero cercando una Opel, il veicolo ritenuto responsabile dell’investimento.
"Gli risposi che non lo sapevo e che le indagini le stavano conducendo i carabinieri", ha riferito in aula il comandante. Ma le domande non si fermarono: l’agente, oggi ancora in servizio, continuò a chiamarlo anche nei giorni seguenti, sempre dalla vacanza, insistendo sulle dinamiche dell’incidente. Un altro elemento sospetto è il fatto che, poco dopo l’incidente, l’agente si trovasse proprio a casa di Adilma, la compagna della vittima nonché figura centrale nell’inchiesta.
Ma le anomalie non finiscono qui. Nelle settimane precedenti al delitto, Adilma si era recata più volte all’Anagrafe di Parabiago, accompagnata proprio dall’agente, per cercare di ottenere la residenza per due bambini. Sosteneva che fossero figli di Fabio Ravasio, mostrando documenti che però sollevarono immediati dubbi tra i funzionari. I certificati di nascita riportavano infatti un altro cognome – Trifone – e la bambina aveva anche un secondo nome non dichiarato. I passaporti poi sono risultati contraffatti. Il dirigente dell’Anagrafe decise di non inoltrare alla Procura le notizie di reato in quel momento, ritenendo che non vi fosse una diretta connessione con Ravasio. Tuttavia i genitori della vittima, venuti a conoscenza della manovra, inviarono diverse mail al Comune segnalando le anomalie e sollecitando controlli. In una circostanza Adilma si presentò in lacrime all’Anagrafe sostenendo che i genitori di Fabio le avessero fatto del male e che stava cercando solo di proteggere i bambini, in una vicenda che descriveva come una guerra familiare per motivi economici.
Si mostrava disperata, preoccupata per la sicurezza dei figli, ma tutto faceva pensare a un tentativo studiato per ottenere vantaggi di natura patrimoniale. Al processo l’agente si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande degli inquirenti.
Ch.S.