Omicidio a Magnago, la tragedia e la rabbia: "Innamorata e uccisa come un cane"

Il dolore del fratello e del padre di Deborah ammazzata dal compagno di DAVIDE GERVASI

Deborah Fuso  in un abbraccio con il papà Gigino (Studiosally)

Deborah Fuso in un abbraccio con il papà Gigino (Studiosally)

Magnago (Milano), 19 maggio 2016 - Un'agonia durata tre piani di scale. Una fuga disperata cercando di salvarsi dalla furia omicida dell’uomo che voleva sposarla dopo sei anni di fidanzamento. Mentre correva giù da quelle tre rampe di gradini, Deborah era già gravemente ferita. Il suo convivente, gli aveva infatti sferrato con inaudita ferocia il primo fendente mentre erano ancora all’interno della loro mansarda, il loro nido d’amore. Lei ha provato disperatamente a scappare, ma lui l’ha rincorsa, colpendola ripetutamente fino a ucciderla. Manifestando un senso di rimorso ma altrettanta lucidità, è stato lo stesso assassino a ripercorrere i dettagli di quanto successo martedì pomeriggio nella palazzina di tre piani in via Cardinal Ferrari a Magnago. Alla presenza del suo legale Daniele Galati e al sostituto procuratore Maria Cardellicchio, il trentaduenne operaio Arturo Saraceno ha raccontato come ha massacrato con quindici coltellate Deborah Fuso, da tutti chiamata Debi, la 25enne che l’undici agosto prossimo avrebbe dovuto sposare.

Sei ore di interrogatorio al Comando dei carabinieri di Legnano, dopo che in ospedale Saraceno era stato visitato da uno psichiatra e medicato per alcune ferite al torace che lui stesso si era procurato con l’arma del delitto, tentando o simulando un suicidio. «Stavo tagliando il salame in cucina e stavamo chiarendo alcune questioni che si trascinavano da mesi e che avevano mandato in crisi la nostra relazione – ha raccontato –. Ad un tratto abbiamo litigato. Mi è partito un embolo e con lo stesso coltello da cucina l’ho colpita. Lei è scappata e io l’ho rincorsa». Poi il suo racconto si è fatto più confuso, ma a parlare è il corpo di Deborah, riverso nell’androne e in un lago di sangue. Saraceno ora si trova nel carcere di Busto Arsizio. Sembra esclusa al momento l’aggravante della premeditazione, ma compatibilmente con la molteplicità dei colpi inferti, non è escluso che venga considerata quella della crudeltà.

E a chiedere ora giustizia, distrutti dal dolore, ci sono il fratello e il padre di Deborah: «Mia sorella era una persona di una dolcezza infinita, non capisco come si possa uccidere come un cane una donna che ti ha dato l’anima. Lei gli ha dato tutto», dice il primo. Che smentisce anche con forza ogni genere di speculazione nei confronti della sorella: «Lei lo amava davvero tanto, queste sono le uniche cose da dire, il resto sono storie». In lacrime senza più parole né forze in corpo Gigino Fuso, il papà. La voce che trema, i singhiozzi continui, la voglia di giustizia: «Questo me l’ha ammazzata – ha gridato in preda alla rabbia –. Adesso voglio vedere i magistrati cosa faranno. È morta con quindici coltellate. Me l’ha ammazzata».