Omicidio a Magnago, accoltella la fidanzata. Gli amici: "Era folle di gelosia"

Orrore sulle scale dopo l’ennesima lite. Per lui solo ferite lievi, trasferito in carcere di DAVIDE GERVASI

Arturo e Deborah in un momento di felicità

Arturo e Deborah in un momento di felicità

Magnago, 18 maggio 2016 - La ragazza riversa sul pavimento, nell’androne di casa, in una pozza di sangue. Il corpo straziato da 15 fendenti. Esanime. Il convivente poco distante, vicino al portone d’ingresso, seduto accanto a un coltello con la lama insanguinata. Ferito al torace e al braccio sinistro. Gli occhi persi nel vuoto. Borbottava frasi sconnesse. È la scena che si sono trovati di fronte ieri alle 14 alcuni loro vicini di casa. Sulle scale di una palazzina residenziale di tre piani a Magnago, comune di 9mila abitanti a nord ovest di Milano, si era appena consumato l’orrore. A uccidere, al culmine di una lite, la 25enne Deborah Fuso è stato l’uomo che diceva di amarla e che non si rassegnava all’idea di doverla perdere per sempre. Dopo averla massacrata a coltellate, Arturo Saraceno, 32 anni, ha cercato di togliersi la vita. Con lo stesso coltello ha tentato di infierire sul suo corpo, ma non con quella brutalità e ferocia con cui aveva invece appena aggredito e ucciso Deborah. Su di lui solo qualche lieve ferita al torace, alla mano e all’avambraccio. Su di lei, invece, 15 colpi sferrati con una violenza inaudita.  Fendenti sul petto, sulla schiena, al collo, sulle spalle e all’addome. A effettuare i rilievi i carabinieri di Monza e Legnano, le indagini sono invece coordinate dal pm di Busto Arsizio, Maria Cardallicchio. A lanciare l’allarme sono stati i vicini di casa: «Li abbiamo sentiti litigare. Poi le grida disperate sulle scale. Siamo usciti e ci siamo trovato di fronte l’inferno. C’era sangue ovunque e la ragazza era morta». Nella mansarda di questa palazzina, al civico 3 di via Cardinal Ferrari, in un’elegante zona residenziale, Deborah e Arturo ci vivevano da quattro anni. Lei era nata a Lonate Pozzolo, nel Varesotto, mentre lui è originario della Basilicata. La loro relazione era iniziata sei anni fa. Sul profilo Facebook di Deborah c’è la data esatta: 27 settembre 2010. Le immagini della loro storia d’amore sono tutte lì: baci, momenti felici, attimi di quotidianità. E tanti, tantissimi cuori e romantici aforismi.  Nella pagina di Arturo invece c’è poco di quei giorni insieme e come immagine del profilo c’è la foto del grido di rabbia di un uomo, colto da un raptus di follia. Un’immagine che appare una sorta di presagio di quanto è accaduto. Secondo gli amici, negli ultimi tempi Deborah e Arturo erano in crisi. Continuavano a litigare. Lei lo voleva lasciare e spesso ultimamente andava a dormire dai genitori a Lonate. Lui era troppo geloso e violento: «Ossessionato dall’idea che potesse avere qualcun altro – racconta tra le lacrime un’amica di Deborah –. Ma lei era una bravissima ragazza. Senza grilli per la testa. Dolcissima. Molto sentimentale. Amava i cani e la musica. Voleva solo essere serena e non ce la faceva più a vivere con lui». Da qui la decisione di lasciarlo. Ma lui non riusciva a darsi pace. E ieri l’ha uccisa. Poi ha appunto tentato il suicidio: ferite che però non hanno procurato alcuna lesione interna e guaribili in sette giorni. Dimesso dall’ospedale di Legnano, Arturo Saraceno è stato associato al carcere di Busto Arsizio.