Legnano, una lotta lunga mezzo secolo per l'Olona

Del fiume inquinato iniziò a occuparsi nel 1969 un “pretore d’assalto“. La battaglia non è ancora finita

La schiuma causata da uno scarico nel corso d’acqua

La schiuma causata da uno scarico nel corso d’acqua

Legnano (Milano), 21 marzo 2022 - Mezzo secolo di lotte per poter tornare a chiamare fiume l’Olona, 50 anni di eventi e di crescita della sensibilità di un intero territorio nei confronti di un corso d’acqua arrivato al limite del collasso e al quale oggi si vuole dare un futuro diverso: proprio in questi giorni, dopo che sulle acque del fiume sono comparse tracce bianche di schiuma che qualcuno ha voluto interpretare come un ritorno a quegli anni Settanta, il momento peggiore per il fiume, vale la pena ricordare le azioni che hanno gettato le basi di questa nuova sensibilità e, perché no, creare la giusta distanza tra quello che succedeva allora e un presente diverso. Perché proprio ora è possibile parlare di mezzo secolo dalle prime lotte per cambiare il futuro di un corso d’acqua vicino al collasso? Perché in pochi ricordano che tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni Settanta la vicenda del fiume divenne nota in tutta la penisola, per la lotta combattuta dall’allora pretore di Legnano, etichettato come il primo dei "pretori d’assalto", che in quegli anni in tutta la penisola si misero di traverso rispetto a chi, fino ad allora, aveva impunemente inquinato e devastato il territorio nel nome di un progresso senza regole. Senza guardare in faccia a nessuno.

La storia è quella di Vincenzo Tardino, la data è il 1969: allora il fiume veniva definito come uno "stige pestilenziale, nascosto da fumi velenosi, con acque nere, schiume bianche, rosse e gialle, e con un odore nauseante, tanto che anche i topi se ne sono andati da tempo". Tardino arriva a Legnano da Licata: ha 33 anni e, da dove viene lui, l’acqua manca, mentre al nord ce n’è fin troppa, ma inquinata. I legnanesi sembrano assuefatti al destino del fiume, Tardino no. Su 70 certificati di morte scelti a caso, ne trova 55 motivati dal cancro e comincia a porsi domande. Risale il corso del fiume e non ci vuole molto a capire cosa stia succedendo: a quel punto incarica alcuni esperti di Milano, a cui chiede una perizia e una mappatura degli scarichi su tutto il corso del fiume.

La cosa non passa inosservata. "Sei Tardino? Hai le ore contate e guai a te se domani fai prelievi sull’Olona - è la telefonata che arriva al numero del pretore legnanese - tieni presente che tua moglie attende un bambino, potremmo prendercela con lei". Tardino non si ferma, spinge al limite l’interpretazione degli articoli 439 e 440 del codice penale e, alla fine di una perizia durata due anni, chiede l’incriminazione di centinaia tra industriali, medici provinciali, ufficiali sanitari, sindaci. Quando viene ventilata la possibilità di incriminare anche il prefetto di Milano, il clima cambia. L’accusato diventa Tardino e si imbastiscono storie per provare a delegittimarlo, tirando in causa anche la moglie, medico assunto in ospedale a Legnano. Per ordine del presidente della Corte d’Appello di Milano, si apre un’inchiesta su di lui per fuga di notizie e violazione del segreto istruttorio. C’è un lieto fine? A quella vicenda no: nessuno dei tanti messi sotto accusa da Tardino sarà processato e il pretore, sfinito e abbandonato dagli stessi colleghi, chiede il trasferimento. Farà il giudice a Bologna, nel settore civile.

Se la vicenda del pretore, che per primo si mise a indagare sulle reali origini dell’inquinamento del fiume, si era conclusa con il più classico dei trasferimenti forzati e l’insabbiamento, è però vero che quel momento ha segnato una svolta nella storia del fiume: 50 anni dopo, la sensibilità delle istituzioni, ma ancora prima quella dei cittadini che vogliono affacciarsi di nuovo su acque forse mai più cristalline, ma rispettate, è oggi cresciuta a dismisura. Chiudere in un cassetto incartamenti e sorvolare sulle responsabilità, probabilmente, sarebbe oggi impossibile.