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Evaso e omicida: ma Domenico Cutrì tra cinque anni potrebbe già uscire dal carcere

Due anni per l'evasione, 26 per l'omicidio: tra permessi e sconti potrà presto essere libero

Domenico Cutrì (Newpress)

Inveruno (Milano), 17 gennaio 2016 - Dal carcere a vita a ventisei anni di reclusione (leggi l'articolo). La rocambolesca vicenda giudiziaria, e non solo giudiziaria, di Mimmo Cutrì si è conclusa dieci anni dopo davanti alla suprema Corte di Cassazione di Roma, che ha messo la parola fine con una sentenza definitiva che fa giustizia dell’omicidio del giovane polacco Lukasz Kobrzeniecki ucciso a colpi di pistola a ventidue anni nell’estate del 2006. Colpevole agli occhi di Mimmo Cutrì – assieme al fratello Nino (la scheda), già allora due teste calde in quel di Inveruno – di avere insidiato la sua fidanzata di allora.

Una colpa, secondo il suo particolare codice d’onore, da punire con la morte. Mimmo Cutrì arriva, secondo la prima tesi accusatoria che gli procurerà il carcere a vita, a procurarsi un killer amico per freddare il giovane. Un delitto avvenuto in strada, con Mimmo e il killer che in macchina affiancano il polacco e sparano. Sarà proprio quell’elemento, l’essere stato il mandante spietato di un omicidio motivato da dei futili motivi a spingere i giudici della corte d’assise di Novara, prima, e quelli d’assise d’appello di Torino, poi, a infliggergli il massimo della pena nel dicembre 2012. Una condanna pesantissima. Mai accettata non solo dal diretto interessato, evidentemente, ma anche dal clan di Mimmo formato dagli amici delle scorribande e ancora di più dai due fratelli Nino e Daniele che arriveranno a maturarare quella vendetta che prenderà corpo il 3 febbraio 2014.

Quando una sparatoria davanti al tribunale di Gallarate si concluderà con l’evasione di Mimmo (leggi l'articolo / guarda le foto) e una latitanza – improvvisata e sconclusionata – finita nemmeno una settimana dopo (leggi l'articolo). Ma è proprio all’indomani di questa vicenda che Mimmo, messo sotto torchio dal pubblico ministero Raffaella Zappatini di Busto Arsizio, decide improvvisamente di confessare: ammette d’essere stato l’esecutore di quel delitto, non il mandante. Di avere sparato lui, insomma. Una ritrattazione eclatante che fa giocoforza decadere la sentenza di ergastolo. La Cassazione riapre dunque il processo e rinvia tutto a un’altra sezione d’appello di Torino. Che nel marzo del 2015 riformula la condanna a 26 anni di penitenziario.

Cutrì per l’evasione del 2014 sta già scontando due anni frutto di una sentenza di patteggiamento (leggi l'articolo). A questi si aggiungono dunque i 26 per l’omicidio. "Facendo un calcolo in questo primo momento sommario fra quattro o cinque anni Mimmo Cutrì potrebbe già godere dei primi permessi fuori dal carcere concessi dalla legge, considerando che ha già scontato sette anni e mezzo e calcolati gli sconti e i benefici", spiega l’avvocato Francesca Cramis, che assieme al collega Roberto Grittini ha seguito l’iter giudiziario del giovane oggi trentatreenne. 

di IVAN ALBARELLI