
La casa di riposo di Abbiategrasso
Abbiategrasso (Milano), 27 luglio 2015 - Fibre ottiche e fiori freschi. Anche così si combattono demenza senile e Alzheimer. La ricetta ha 30 anni e arriva dall’Olanda. Nome di battesimo: Snoezelen, acronimo che deriva dall’unione di snoffelen (annusare) e doezelen (lasciarsi andare). Inizialmente era destinato a bambini nati con handicap e a persone pluriminorate, poi si è rivolto a persone uscite dal coma e oggi viene utilizzato su pazienti con gravi deficit motori e mentali. L’innovativo metodo si è già diffuso nei principali Paesi europei e ora approda anche in Italia: dopo Verona, la casa di riposo di Abbiategrasso. Lì 30 anziani ospiti, una decina dei quali colpiti da Alzheimer, vengono aiutati a tenere svegli i loro neuroni e a mantenere un filo diretto col mondo circostante.
Non si tratta di una cura miracolosa come quella raccontata da «Risvegli», il celebre film costruito su una storia reale nella quale Robert De Niro si risveglia dalla malattia grazie a dosi di dopamina. «Qui i medicinali sono solo il rumore dell’acqua, le immagini del passato, la musica classica - spiega Ileana Pogliaghi, il medico che ha creato il nuovo laboratorio sensoriale -. L’obiettivo è di stimolare nei pazienti esperienze piacevoli e un senso di benessere generale. Partiamo dal presupposto che ogni persona è diversa e richiede perciò un approccio diverso. Quindi la cartella clinica viene integrata dalla vita personale del paziente e dai suoi ricordi. Anche il ricordo di una musica può aiutare il paziente a non rinchiudersi in se stesso e a mantenere vivo un rapporto col mondo».
L’idea base del metodo Snoezelen è di stimolare i sensi primari. La vista, per esempio, viene stimolata facendo abbracciare all’anziano un fascio di fibre ottiche multicolori. Per l’olfatto si usano i profumi emanati da oggetti reali come arance, mele e fiori freschi. «Per stimolare il tatto, invece, il paziente viene fatto sedere in una poltrona imbottita di palline che avvolgono il corpo - raccontano Grazia Cacciatori, Laura Sala, Simona Ciapi e Marina Barbin, le operatrici del laboratorio -. In tal modo si stimola la percezione del proprio corpo e della sua posizione rispetto ad altri oggetti».