
Elizaveta Terentieva medico rianimatore
Legnano (Milano), 21 marzo 2020 - «In questo periodo sono la persona più pericolosa per la mia famiglia, per questo due settimane fa ho deciso di non vedere più mia madre di 75 anni. Mio marito le porta la spesa e gliela lascia fuori dalla porta. Ci sentiamo al telefono, su Skype, ci salutiamo da lontano da un balcone all’altro. È dura, ma ho dovuto farlo per preservare la sua salute». La voce di Elizaveta Terentieva è preoccupata ma determinata e non tentenna neppure quando racconta dei grandi sacrifici che deve fare ogni giorno. Quando lei, anestesista rianimatore da dieci anni, come moltissimi operatori sanitari in tutta Italia lascia i suoi due figli e suo marito per andare a combattere il nemico invisibile Sars-cov2.
«Il mio è un bel lavoro, quando non siamo in guerra» racconta. Già, perché non sono soltanto i numeri impietosi dei contagi quotidiani in tutta Italia a far capire quanto questa sia davvero una guerra. Ma lo sono anche gli sguardi e le parole di chi ogni giorno fa di tutto per arginare il coronavirus. «Nella nostra struttura stanno allestendo una Rianimazione, le sale operatorie sono chiuse e in questi giorni siamo quindi impegnati in reparto - spiega -. Ormai arrivano solo pazienti positivi al covid-19 in questi giorni. Quando vedo una persona in buona salute ho tantissime speranze che questa persona la supererà bene, non sono spaventata. A volte però arrivano persone con patologie, persone deboli o con disturbi psicofisici. E questo aumenta le probabilità di problemi più importanti. Selezione? No, curiamo tutti anche se con metodi diversi». In Rianimazione il tasso di mortaità può arrivare anche al 30%.
«Si muore davvero, dobbiamo metterci in testa che non sono esagerazioni. Due settimane fa con i miei colleghi pensavamo che le cose sarebbero andate molto meglio - sottolinea Elizaveta Terentieva -, invece tutto è andato peggiorando». Il suo appello, che è anche il messaggio dei tantissimi medici e infermieri che ogni giorno si danno da fare per assistere e cercare di curare al meglio i pazienti affetti da covid-19, è quindi quello di rimanere a casa.
«L’aspetto più triste è che quando torno a casa, dopo i turni che sono di 12-13 ore al lavoro, vedo molte persone in giro. E sono soprattutto uomini anziani, che si fermano a chiacchierare o che fanno la spesa comprando ogni giorno solo due o tre prodotti - afferma -. Pagheremo con tanti morti quella giornata di sole di due settimane fa in cui i Navigli a Milano traboccavano di persone. E pagheremo con tanti morti anche questi giorni in cui le persone continuano ad andare in giro. Bisogna rimanere a casa. Fatelo per voi, per i vostri cari e per noi che tutti i giorni rischiamo di portarci a casa il virus».