
Il sommelier Marco Barbetti
Arluno (Milano), 11 novembre 2018 - Il vino? Roba da «fighetti». Pensiero ingiusto e purtroppo diffuso, ma spazzato via in un lampo dal profilo del vincitore del titolo di miglior sommelier dell’anno - e di tutta Italia - Fisar. Marco Barbetti, arlunese, ha 34 anni, suona il basso e ha passato buona parte della propria vita a bere birra con gli amici: è, insomma, la rappresentazione di quanto il mondo dei sommelier sia tutt’altro che un noioso parlarsi addosso.
Barbetti, perché al sommelier si appiccica sempre quell’etichetta di essere un mondo un po’ «saccente»?

«Forse è un anche colpa nostra: noi sommelier non siamo sempre bravi a comunicare in modo convincente la nostra passione. In realtà, i sommelier Fisar sono seri, bravi e preparati, ma posso garantire che sanno divertirsi, e parecchio. Devo dire che, però, le cose sono cambiate: la delegazione di Bareggio, ad esempio, ha oggi tanti soci giovani e pian piano stiamo facendo capire al mondo che conoscere il vino è qualcosa di meraviglioso e accessibile a tutti quelli che hanno passione e voglia di impegnarsi».
Veniamo al premio: di cosa si tratta?
«Si chiama Trofeo Rastal e io ho vinto l’edizione 2018. Per accedere alla finale, ho dovuto prima superare le preselezioni e diventare miglior sommelier del Nord-Ovest. Non è stato facile arrivare primo ed è stato complesso anche battere i colleghi del Nord-Est, del Centro e del Sud Italia».
In cosa consistono le prove?
«Entrambi gli esami prevedono una parte scritta - 30 domande in 35 minuti e 40 domande in 45 minuti - poi una prova di abbinamento vino/menu e una prova di servizio con apertura e presentazione bottiglia. Infine, una degustazione alla cieca, cioè una prova di assaggio del vino con descrizione senza sapere di che vino si tratta, e una novità assoluta: un discorso di qualche minuto per testare le capacità comunicative».
Non era mai stata prevista questa prova?
«No, questa è stata la prima edizione in cui si è dato risalto alla capacità di comunicare. Penso sia un passo avanti decisivo: possiamo sapere tutto del vino, ma se non siamo capaci di trasmettere passione siamo sommelier a metà».
Quanto ha studiato per questo esame?
«Un anno, dal settembre 2017. E quando dico un anno, intendo dire che ho studiato tutti i giorni. Anche in spiaggia, sotto l’ombrellone. Infatti ringrazio mia moglie Marta per avermi sopportato, non deve essere stato facile».
Ha altre persone da ringraziare?
«Moltissime, ma in particolare Gabriele, Raffaele, Valerio e Daniela della delegazione Fisar Bareggio. Non so come avrei fatto senza il loro aiuto. Fisar Bareggio è un gruppo bello e unito, sono contento di aver contribuito ad allargarlo».
Quando ha iniziato a studiare il vino?
«Nel 2007. Bevevo birra, e mi piaceva, poi ho iniziato a bere vino e mi sono reso conto di essere ignorante in quel campo. A me le cose piace farle bene. Allora mi sono iscritto al corso a Bareggio e poi sono diventato consigliere. Assieme agli altri soci negli anni abbiamo creato tantissimi eventi (gite, degustazioni, aperitivi) e oggi abbiamo anche una strategia web e social. Siamo cresciuti, guardandomi indietro mi rendo conto quanto».
Cos’è la prima cosa che ha fatto dopo aver vinto?
«Sono andato a bere un Negroni».