Turbigo (Milano), 18 dicembre 2016 - Amianto alla centrale termoelettrica di Turbigo: attesa per la sentenza, prevista per domani (lunedì 19 dicembre) a Milano, nel processo d’appello con al centro la morte di lavoratori colpiti da mesotelioma pleurico che, secondo le accuse, sarebbe stato provocato dall’esposizione alla sostanza cancerogena all’interno dell’impianto.
Il sostituto pg Gemma Gualdi nelle scorse udienze aveva chiesto la condanna di due ex manager assolti in primo grado dall’accusa di omicidio colposo. Sotto processo quattro ex dirigenti della centrale Enel che, secondo le accuse, sarebbero responsabili della morte di otto ex dipendenti. Secondo gli inquirenti non avrebbero informato e adeguatamente protetto i lavoratori dai rischi che correvano stando a contatto con l’amianto. Ma i giudici in primo grado avevano assolto tutti con formula piena per non aver commesso il fatto. Il pm Maurizio Ascione aveva presentato ricorso in appello solo per le posizioni di due ex manager: Paolo Beduschi e Alberto Negroni. Oltre a questi l’avvocato di parte civile per Associazione italiana esposti amianto e Medicina democratica Laura Mara aveva impugnato la sentenza di assoluzione anche per Valeriano Mozzon e Paolo Chizzolini. In appello dunque gli imputati sono quattro (sebbene la Procura generale abbia chiesto la condanna solo per due, Beduschi e Negroni). In aula erano intervenuti anche l’avvocato Mara, i legali dell’Inail e del Comune di Turbigo (anche loro parti civili), oltre ad alcuni difensori degli imputati, che hanno chiesto la conferma della sentenza di assoluzione.
Chiare le argomentazioni del sostituto pg: "Dal momento in cui la patologia si manifesta, tutte le esposizioni successive e tutte le dosi aggiuntive devono comunque considerarsi concause". E dopo il lungo macabro elenco dei decessi, la richiesta di conferma per due degli imputati. "Ho avuto l’onore di conoscere diverse delle persone decedute - aveva rimarcato in aula l’avvocato Mara - perché sono entrate con le loro gambe nel mio ufficio dicendomi che non sapevano che l’amianto facesse male. Nella sentenza di primo grado si dice che l’amianto era presente, l’esposizione era provata, il mesotelioma pleurico era prevenibile poiché i mezzi e le conoscenze scientifiche c’erano, che non sono stati messi a disposizione mezzi di protezione, ma poi si va alla ricerca di una legge scientifica universale". Chiara anche la tesi della difesa: "Non c’è alcun elemento che riveli che l’esposizione patita dalle persone offese sia stato causalmente rilevante per l’insorgere della malattia". Saranno i giudici a decidere.