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Abbiategrasso: i carabinieri bussano alla porta del boss di Cosa Nostra per portarlo in carcere, ma Paolo Errante Parrino è scappato

Dopo il rigetto del ricorso da parte della Corte di Cassazione scatta l’ordine esecutivo d’incarcerazione, ma il settantenne considerato il punto di riferimento in Lombardia della cosca di Castelvetrano non c’è: fra le ipotesi c’è quella della fuga in Spagna

Il boss Errante Parrino è ritenuto vicino al boss dei boss Matteo Messina Denaro

Il boss Errante Parrino è ritenuto vicino al boss dei boss Matteo Messina Denaro

Abbiategrasso (Milano), 25 gennaio 2025 – Paolo Aurelio Errante Parrino, ritenuto il "punto di riferimento del Mandamento di Castelvetrano nel Nord Italia", riconducibile al boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, tra gli oltre 150 indagati dell'inchiesta 'Hydra' della Direzione distrettuale antimafia di Milano (Dda), non si trova. Il timore è che possa addirittura essere fuggito all’estero, forse in Spagna. L'ordine di carcerazione, arrivato dopo il rigetto della Cassazione al suo ricorso, non è stato eseguito (al momento) dai carabinieri che questa mattina, sabato 25 gennaio, hanno suonato alla sua porta ad Abbiategrasso. Già condannato a dieci anni per associazione per delinquere di tipo mafioso, il 77enne è ritenuto referente nell'area lombarda della cosca trapanese e indicato quale "'uomo d'onore della famiglia di Castelvetrano', con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere e delle strategie da adottare per la realizzazione degli scopi illeciti dell'associazione". 

Il patto intermafioso 

Per i pm dell'antimafia, Errante Parrino è il punto di riferimento del mandamento di Castelvetrano nel Nord Italia "mantenendo i rapporti con i vertici di Cosa nostra, in particolare, con Matteo Messina Denaro, rappresenta "il punto di raccordo tra il sistema mafioso lombardo e l'ex latitante, a lui trasferendo comunicazioni relative ad argomenti esiziali per l'associazione". Una visione non condivisa dal giudice. Nell'ottobre del 2023, il gip Tommaso Perna non aveva condiviso l'impianto della Procura di Milano sull'esistenza in Lombardia di un presunto "patto" tra le tre principali organizzazioni criminali del Paese – mafia, 'ndrangheta e camorra – e aveva respinto 140 richieste di arresti per 153 indagati e disposto il carcere solo per 11 persone accusate di diversi reati, ma non accusati di associazione mafiosa. Un “no” all'arresto di Paolo Aurelio Errante Parrino contro cui la Procura di Millano ha fatto ricorso al Riesame, ottenendo parere favorevole, giudizio confermato ieri dalla Cassazione che è chiamata, anche la prossima settimana, a decidere su altri ricorsi (una decina di persone sono state arrestate già nei giorni scorsi).

Scontro in Procura 

Il caso “Hydra" aveva determinato uno scontro tra pm e ufficio del Gip, a seguito della bocciatura dei numerosi arresti richiesti. Nei giorni scorsi, poi, dopo le prime decisioni della Cassazione di conferma del Riesame, sono stati arrestati diversi indagati, tra cui anche Gioacchino Amico, presunto vertice della "struttura unitaria" lombarda per conto della Camorra del clan dei Senese.  Poi scarcerato, però, per motivi procedurali, perché aveva già passato un anno in custodia cautelare per altri reati riconosciuti dal gip nella stessa inchiesta. Anche altri, come Massimo Rosi, presunto esponente di vertice per la 'ndrangheta, sono stati scarcerati per questo motivo e non è stato necessario un nuovo arresto per un altro indagato, difeso dall'avvocato Lorenzo Meazza.

Gli altri casi

Il Riesame, dopo il ricorso della Direzione distrettuale antimafia, su 79 posizioni con richiesta di carcere per associazione mafiosa, aveva disposto il carcere per 41 indagati e le udienze in Cassazione andranno avanti fino a metà febbraio. Per il Riesame deve andare in carcere anche Giuseppe Fidanzati, presunto vertice per conto di Cosa Nostra (l'udienza in Cassazione si terrà la prossima settimana). Secondo le indagini della Dda, Errante Parrino avrebbe anche passato a Messina Denaro "comunicazioni relative ad argomenti esiziali", mentre era latitante, anche perché il boss avrebbe avuto un interesse diretto, secondo i pm, "negli ingenti affari finanziari realizzati in Lombardia dal sistema mafioso lombardo".