Morto nel crollo del ponte di Annone, pene ridotte e assoluzione. La vedova: “È una farsa, hanno lasciato che morisse”

L’amarezza di Augusta Brusadelli dopo la sentenza della corte d’Appello: “Nessuno ha fatto nulla per salvare mio marito: lo dicono gli atti d’inchiesta”

A sinistra, Augusta Brusadelli. Il marito Claudio Bertini fu travolto nell’auto, aveva 68 anni

A sinistra, Augusta Brusadelli. Il marito Claudio Bertini fu travolto nell’auto, aveva 68 anni

“Una farsa”. È amareggiata, delusa, arrabbiata Augusta Brusadelli, la vedova di Claudio Bertini, il 68enne di Civate, unica vittima del disastro del crollo del cavalcavia di Annone Brianza sulla superstrada Milano-Lecco. All’indomani dell’incidente, tutti le avevano promesso "giustizia". I giudici della Corte d’Appello di Milano l’altro giorno hanno invece notevolmente ridimensionato le sentenze di condanna in primo grado per i due funzionari dell’epoca della Provincia di Lecco e assolto il capo della manutenzione di Anas del tratto di Statale 36 dove è franato il ponte.

La pena per l’ex responsabile del settore Viabilità di Villa Locatelli, Angelo Valsecchi, è stata ridotta da 3 anni e 8 mesi a 1 anno e 8 mesi e, per il suo braccio destro Andrea Sesana, da 3 anni a 1 anno e 4 mesi, con il beneficio della sospensione e della non menzione, mentre Giovanni Salvatore, dirigente di Anas, è stato riconosciuto innocente e assolto, ribaltando il precedente verdetto di colpevolezza con una condanna a 3 anni e 6 mesi.

Da 10 anni e 2 mesi complessivi di condanne, già ritenute estremamente esigue da molti, si è scesi a 3 anni in tutto, sempre che un eventuale ricorso in Cassazione non renda ulteriormente ancora più leggero il conto della giustizia.

Nessuno ha fatto nulla per salvare mio marito – sostiene Augusta –. Lo dicono gli atti d’inchiesta. Non hanno mosso un dito e non si sono mossi, né da Lecco né da Milano. Hanno lasciato che morisse". Claudio, che era direttore della sezione di tennis del Centro sportivo della Propatria a Sesto San Giovanni, quel venerdì 28 ottobre 2016 stava tornando a casa al volante della sua Audi A3 Sportback, trasformata nel suo sarcofago quando alle 17.22 è passato sotto il viadotto della Sp 49 sulla Statale 36, che gli è franato addosso come un gigante dai piedi d’argilla, seppellendolo sotto quintali di calcestruzzo.

La carreggiata della Milano-Lecco era ristretta a una sola corsia, perché i segni di un possibile ammaloramento del ponte erano evidenti già da ore, ma nessuno si è assunto la responsabilità di chiuderlo e impedire a un autotrasportatore di passarci sopra con il suo tir da 107 tonnellate di peso, innescando il disastro.