
Soccorsi
Merate (Lecco), 15 maggio 2017 – E' morto senza una casa in cui vivere e ora forse non avrà neppure un luogo dove riposare, perché Fausto Bartolini, brianzolo di 66 anni, oltre ad essere un senzatetto risultava anche senza residenza. Il pensionato è stato colpito da un infarto mentre si trovava al centro commerciale di Merate, che, almeno di giorno, era diventato la sua dimora, mentre la notte la trascorreva nella sala d'attesta del San Leopoldo Mandic. Dopo le prime cure è stato trasferito d'urgenza in ospedale, ma il suo fisico, già minato da un'esistenza di stenti, non ha più retto e lui si è spento per sempre in un letto della Rianimazione.
In qualche modo presagiva che per lui sarebbe finita così. A fatica l'anno scorso era riuscito ad ottenere la pensione sociale, un assegno di 461 euro al mese per tredici mensilità, ma una parte gli era stata pignorata alla fonte per saldare alcuni debiti fiscali pregressi. Aveva provato a bussare alle porte di tutti i comuni della zona in cerca d'aiuto, ma l'unica mano ricevuta è stata quella di un posto al dormitorio di Lecco. Un conoscente poi lo aveva ospitato affittandogli una camera, ma di recente, anche a causa del suo carattere indipendente, aveva litigato e lui si era ritrovato di nuovo in mezzo alla strada.
Spesso di domandava perché lui, italiano, dovesse arrangiarsi da solo, mentre molti stranieri trovano assistenza, quasi che essere nati e cresciuti nel proprio Paese sia una colpa o un demerito. “Tutte le volte che chiedo una mano mi è stato risposto di mettermi l'animo in pace, che se fossi un profugo mi avrebbero certamente dato una mano, ma che siccome sono italiano posso sbrigarmela da me”, ci aveva raccontato. E ancora: “Da quanto sono disoccupato la mia esistenza è andata a rotoli, anche per colpa mia. Oltre al lavoro, ho perso la famiglia, gli amici, la salute, il futuro. E anche l'orgoglio di essere italiano, perché se fossi straniero, ne sono certo, non mi troverei in queste condizioni”.
Alla fine si è così arreso. Per ora il feretro è composto nella camera mortuaria dell'ospedale di Merate, in attesa di qualcuno che lo reclami e gli regali almeno un ultimo saluto e una degna sepoltura, indipendentemente da come abbia vissuto e dai gravi commessi che non aveva mai negato. Altrimenti del funerali potrebbero doversene fare carico gli amministratori locali di Lomagna, l'ultimo paese dove risultava iscritto all'anagrafe, proprio come avviene per le persone che nessuno sembra volere, nemmeno da defunte.
di DANIELE DE SALVO