REDAZIONE LECCO

L’impronta idrica nella produzione

Dietro ciò che usiamo, mangiamo, beviamo, si nascondono immensi volumi di liquido che c’è ma non si vede

Il nostro consumo di acqua non si limita a quella utilizzata in cucina o per fare la doccia; una quantità considerevole di acqua è contenuta anche nella produzione e nel commercio di beni di consumo. Quest’acqua, detta anche acqua nascosta, è conosciuta con il termine di acqua virtuale, concetto che si deve al professor John Anthony Allan che ha sviluppato questa idea per la quale ha ricevuto il Water Price Award di Stoccolma nel 2008. Il volume di acqua virtuale contenuto in un bene o in un servizio può variare da regione a regione in base alle diverse condizioni climatiche e alle diverse tecniche agricole.

Nelle zone aride e semiaride, ad esempio, conoscere il volume di acqua virtuale contenuto in un determinato bene diventa importante per un utilizzo più efficiente e consapevole della poca acqua disponibile. Il concetto di acqua virtuale è fondamentale per sviluppare una maggior consapevolezza rispetto ai nostri consumi idrici, ma non solo. Pensate che per produrre un chilogrammo di carne di manzo sono necessari oltre 15000 l d’acqua; allo stesso modo per produrre un hamburger da circa 150 g sono necessari 2400 l d’acqua. L’impronta idrica di un prodotto è molto importante perché ci informa non soltanto del consumo idrico totale, ma anche di come e in quali passi della filiera produttiva l’acqua è stata consumata. Nel calcolare l’impronta idrica si tengono in considerazione 3 componenti: l’acqua verde, necessaria alle coltivazioni e derivante dalle precipitazioni; l’acqua blu, anch’essa necessaria alle coltivazioni ma che è stata irrigata dall’uomo, quindi tratta dai fiumi, dai laghi o dalle falde superficiali; l’acqua grigia, quel volume di acqua dolce che viene inquinato nel corso di tutto il processo produttivo. L’ammontare dell’acqua che viene impiegata nella produzione industriale varia enormemente a seconda del tipo prodotto: per esempio, per produrre un chilo di acciaio sono necessari 95 l d’acqua, ma per produrre un chilo di carta l’acqua indispensabile è più di 3 volte tanto, ben 324 l. Un normale foglio di carta A4 richiede 10 l di acqua. pensiamoci prima di sprecarlo! Una pizza margherita di circa 125 g ci costa ben 1216 l di acqua. È necessario esserne consapevoli, non per smettere di mangiare questa delizia, ma per diventare più responsabili e difensori delle nostre scelte cercando di orientarle verso la sostenibilità, cioè una condizione ambientale che garantisca la fruibilità di questo prodotto anche nel futuro.

L’impronta idrica maggiore si deve alla produzione della passata di pomodoro e all’allevamento delle bufale per la mozzarella, perché per allevare una bufala si considera l’acqua necessaria per abbeverarla, per coltivare il cibo di cui si nutre e quella necessaria per la pulizia. Calcolando il totale dei componenti è possibile stabilire che per una pizza margherita abbiamo un’impronta d’acqua di 1216 l. Ogni cosa ha bisogno di acqua.