Non è una storia isolata, e non va considerata come tale, quella di Matteo Lombardini, il trentacinquenne che a Nembro ha ucciso il padre a coltellate e ferito gravemente la madre perché – ha dichiarato lui stesso al giudice – “delle voci mi dicevano: ammazza”.
Matteo Lombardini aveva delle patologie psichiatriche per le quali era già stato in cura e quattro giorni prima del delitto era andato all’ospedale di Alzano Lombardo chiedendo di essere ricoverato perché percepiva un peggioramento delle sue condizioni. I medici – riferisce l’Ansa – non avevano rilevato i presupposti clinici per il ricovero e lo avevano dimesso con la prescrizione di rivolgersi a un centro di salute mentale.
Al di là delle valutazioni sanitarie, su cui solo e soltanto l’autorità giudiziaria può pronunciarsi, c’è un filo sottile che lega questa e altre decine di storie di sangue. Quel filo è connesso ad un sistema pubblico di tutela della salute mentale che appare sempre più in crisi. Beninteso, gli operatori sanitari fanno quotidianamente miracoli con le scarsissime risorse a disposizione. E il punto è proprio questo: le risorse.
L’Italia spende per la salute mentale – in percentuale della spesa pubblica – un quinto rispetto a Francia e Germania, un terzo rispetto al Regno Unito e meno di Spagna e Polonia. Non solo: negli ultimi anni i fondi sono diminuiti nonostante un aumento delle richieste di aiuto, dei casi di depressione e degli allarmi di medici e psicologi. Si è calcolato che già due anni fa più di 730 mila italiani soffrivano di disturbi psichiatrici di varia entità.
In tutto ciò, la risposta pubblica a questo problema collettivo è rimasta largamente insufficiente. Nonostante in Italia manchino oltre 13.000 operatori – tra cui 1.400 psichiatri e 12.000 tra psicologi, infermieri, educatori e assistenti sociali – nella legge di bilancio per il 2024 non c’è alcun cambio di passo sostanziale. Questo si traduce, nei fatti, in uno sfaldamento crescente delle reti di supporto per chi soffre di patologie psichiche.
Chiariamoci: è impossibile prevenire gli esiti più tragici e violenti, come quello di Nembro, ma un cambio di approccio riguardo all’importanza della salute mentale e un aumento dei fondi ad essa destinati possono contribuire a prevenire le vittime dirette e indirette. Su questo concorda tutta la comunità scientifica. Chi non risponde, per ora, è la politica.