LUCA TAVECCHIO
Editoriale e Commento

Turisti a Milano, un enigma senza fine

Il mistero della città invasa dai villeggianti

Milano d’estate piace. La Milano d’agosto che incontra Marcovaldo nella “Città tutta per lui” (“La popolazione non desiderava altro che andarsene al più presto: e così a furia di riempire treni e ingorgare autostrade, al 15 del mese se ne erano andati proprio tutti”) non esiste più da un pezzo. I dati sulle presenze dei turisti quest’anno sono già andati oltre le aspettative. Per chi ci vive è difficile capire cosa spinga uno straniero a scegliere il terribile clima milanese – che d’estate dà davvero il peggio di sé (“quel forno di cemento cotto e polveroso”) – per la villeggiatura italiana. Eppure è così. E li vedi trascinarsi frastornati tra un’aria condizionata e l’altra, radenti ai muri, silenziosi. Puntano tutto sul fascino misterioso del Cenacolo (se hanno prenotato in tempo), la maestosità del Duomo (se riescono a sopravvivere alla coda per entrare), le meraviglie della Pinacoteca e del Castello (se non gli dispiace condividere la magia con la folla). E poi la sera, la movida sui Navigli (se riescono a schivare i temibili buttadentro e i branchi di maranza) oppure un ristorante in Brera (se non hanno massimali nella carta di credito). E infine lasciano la città esausti, con un misto di sollievo e la sensazione di non aver afferrato qualcosa.