A San Siro la partita delle incognite

Nuovo stadio: attesa per le mosse di Inter e Milan, lo storico impianto sente il peso dei tempi

Sandro Neri

Sandro Neri

È una partita ancora con molte incognite quella che a Milano si gioca sul nuovo stadio. Gerry Cardinale, numero uno del fondo RedBird che ha rilevato il Milan, è andato a visionare di persona l’area delle ex Falck a Sesto San Giovanni. Quella, cioè, su cui potrebbe sorgere il nuovo stadio rossonero. Vari fattori sembrano giocare in questo senso. È un’area privata, non sottostà alle regole e ai vincoli di un terreno pubblico. Ed è già bonificata: pronta, dunque, a ospitare i lavori di costruzione dell’impianto. Possibili, secondo alcuni ottimisti, già entro la fine del 2023. L’area non presenta vincoli architettonici o monumentali, come invece succede a San Siro, e non prevede formule di affitto a lungo a termine. 

Tutti vantaggi che potrebbero instradare la partita verso nuove possibilità. Sempre che, al contrario, non prevalgano altre valutazioni. Il recente caso Superlega ha dimostrato la consistenza del peso del tifoso-cliente all’interno della società. Quanti tifosi milanisti gradirebbero uno stadio fuori dalla città di Milano (anche se collegato dal metrò)? E quanti gradirebbero l’abbandono di un pezzo di storia come il Meazza, teatro dei sogni del Milan di Silvio Berlusconi e di quello che ha appena vinto lo scudetto? Anche l’ipotesi di costruire uno stadio in proprio è complessa. Perché prevede un esborso tutto a carico delle casse rossonere. In casa nerazzurra le incognite non sono da meno. La proprietà del club non sembra avere voglia di investire in perdita. Tanto che il mercato calcistico deve anche quest’anno finanziarsi con le cessioni dei calciatori. L’ipotesi, tra le altre, di uno stadio a Rogoredo costruito in proprio, è tramontata. Sganciarsi dal Milan nella costruzione di una nuova arena vorrebbe dire sobbarcarsi da soli i costi di gestione e affitto al Comune dello stadio Meazza. O, in alternativa, investire almeno 300 milioni di euro per ristrutturarlo. La sensazione è l’Inter sia alla finestra in attesa di capire cosa faranno i "cugini".

E dunque? Premesso che nessuna grande città in Europa vede, come Milano, la coabitazione di due grandi club in uno stesso stadio, l’unica certezza oggi è che San Siro sente il peso dei tempi. Non offre skybox adeguati per i grandi sponsor; manca di un museo degno di questo nome (ora è ospitato in una specie di container posizionato davanti ai gate 8 e 9); non ha un servizio di ristorazione di livello adeguato agli standard internazionali. Manca, insomma, di quei contenuti premium che fanno piene le casse dei grandi club europei, come Real Madrid e Manchester United. Che sia giusto o meno salvare San Siro, l’attuale situazione è insostenibile. Si trascina già da tre anni. Troppo per una città che nel 2026 dovrà ospitare le Olimpiadi invernali e non sa ancora dove organizzare la cerimonia d’apertura.