La ferocia umana e la piccola Laika

La cagnolina uccisa a calci perché abbaiando aveva “disturbato” una banda di ladri

Nome omen, un nome un destino: Laika, “piccolo abbaiatore” in russo è stato il primo animale, 3 novembre 1957 nella capsula spaziale sovietica Sputnik 2, a orbitare intorno alla terra. E il suo destino era segnato: il razzo portava cibo e acqua ma non prevedeva il rientro, quindi la sorte di Laika era segnata fin dall'inizio della missione.

Anche Laika da Collepiano frazione del comune di Marone, è morta. Uccisa a calci da alcuni ladri che erano entrati nella casa dei padroni della cagnolina, due chili scarsi di riccioli pelosi. Una morte feroce e inutile, cosa avrebbe potuto fare la scricciola? Al massimo abbaiare come vuole il suo nome in russo e attirare l’attenzione di qualcuno sul furto in corso. Questa è stata la sua colpa e la sua condanna.

Ora in un Paese dove la vita umana troppo spesso vale nulla o quasi, cosa sarà mai la morte violenta di un cane? Senza entrare – e lo scrivo da compagno di vita da sempre di cani - nella ideologica comparazione tra il “valore” della vita di un animale e di un essere umano, la fine orribile di Laika non può lasciarci indifferenti. Come la ferocia di alcuni esseri umani non può che farci inorridire.

Dicevamo, cosa sarà mai la vita di un cane? Chiedetelo ai padroni di Laika, chiedetelo a chi ha un  animale domestico. La risposta sarà sempre la stessa: “una parte della mia vita che mi ha dato affetto e fedeltà incondizionati”. Ora sarebbe bello se i ladri, se mai fossero presi, pagassero per la vita di Laika e per il dolore dato alla sua “famiglia” umana. Sarebbe bello ma al massimo in base all'articolo 544 bis del Codice penale (“Uccisione di animali”) “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni". Pena che mai sconterà.

Non ci resta che credere nella legge del contrappasso.