FEDERICA PACELLA
Cronaca

Molestie sessuali a scuola, dopo la denuncia della studentessa del Leonardo è l’ora di intervenire

La presidente della commissione Pari Opportunità: “Anche un colloquio può essere risolutivo”. Una policy per gestire i casi: “Servono procedure chiare”

La presidente Mariasole Bannò

La presidente Mariasole Bannò

Brescia, 18 maggio 2025 –  Una policy per la gestione delle molestie, per colmare un vuoto normativo e culturale nelle scuole. Il caso del liceo Leonardo, dove una studentessa ha denunciato una molestia da parte di un prof, ha scoperchiato un vaso di Pandora. Sebbene esistano la Convenzione di Istanbul e linee guida ministeriali contro molestie e discriminazioni, le scuole (così come enti e associazioni) sono spesso impreparate. “La legge non basta perché non contempla chiaramente una definizione di molestia né fa riferimento al consenso nei casi di violenza fisica o abuso di potere – spiega Anna Zinelli, del coordinamento dei centri antiviolenza di Brescia –. Per i giovani, anche grazie ai progetti di formazione nelle scuole, ogni atto sessuale senza consenso è percepito come reato. Il sistema va in tilt”. Quasi la metà delle donne, tra i 14 e i 65 anni, ha subito una qualche forma di molestia sessuale: ogni comunità dovrebbe interrogarsi su cosa accade al proprio interno. “Partiamo da un punto fermo – aggiunge Mariasole Bannò, presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune –: la molestia non è solo un’aggressione fisica, ma anche parole o atteggiamenti che violano la dignità e c’è quando la vittima la percepisce come tale. L’intervento, in caso di segnalazione, deve essere tempestivo. Non si tratta di colpevolizzare, ma di tutelare la vittima”.

Non si può pensare di risolvere tutto demandando alla legge o ai tempi della giustizia: chi denuncia rischia, altrimenti, di diventare doppiamente vittima, non creduta e costretta a condividere gli spazi con il presunto molestatore. Nelle scuole, però, non ci sono procedure standardizzate. Visto il numero crescente di segnalazioni dopo il caso del Leonardo, alcune studentesse si sono messe a studiare le policy adottate da grandi organizzazioni (pochi gli esempi virtuosi in Italia, tra cui Croce Rossa e Greenpeace) o all’estero.

“Come rete antiviolenza potremmo stilare una policy scolastica – sottolinea Bannò – come strumento concreto per le scuole, con procedure, tempi, indicazioni chiare. Se si fa formazione a docenti e dirigenti, non solo agli studenti, si istituisce una figura terza a cui rivolgersi senza paura di ritorsioni, si interviene alla prima segnalazione prendendo in carico chi si è esposto, forse non serve arrivare alla sospensione del presunto molestatore. Magari sono comportamenti non intenzionali e un colloquio per spiegare cos’è una molestia può essere risolutivo. La cosa peggiore è fingere che il problema non esista”.

Il problema non è solo delle scuole, ma di ogni comunità. “La questione di Chiari – conclude Zinelli – dove il sindaco ha ritirato il patrocinio a un evento del centro antiviolenza Daphne, nasce dal fraintendimento per cui basta la legge a tutelare le donne. Bisogna agire sul fronte politico e culturale, perché la violenza nasce da dinamiche riconducibili a una disparità di potere, storicamente sbilanciato a favore degli uomini”.