Guadagnare di più, tutti. Questo prevede, negli intenti la discussione sul salario minimo, avviata in sede Europea e presto in arrivo in Italia. La proposta di un salario minimo comune, però, in Italia, risulterà complessa e non è detto che questo strumento possa dare risposta alle problematiche che affliggono il sistema economico italiano.
Il primo ostacolo che incontrerà la proposta di salario minimo, è quello dei sindacati. Nessun sindacato italiano ha incentivo a vedere smantellati anni di contrattazione tra le parti sociali. I contratti collettivi nazionali sono il frutto di lotte politiche e sindacali e sono l’asset più prezioso in mano ai sindacati, già in crisi per iscritti e reputazioni. Bypassare il ruolo del sindacato, disintermediando la contrattazione, e ponendola su un livello più alto (stato-cittadino) rischia di ridurre il potere e il ruolo del sindacato.
Gli osservatori più attenti avranno notato una tiepida accoglienza della discussione, da parte dei vertici sindacali più importanti del paese. E questo è il motivo. C’è inoltre un’ulteriore problematica: le differenze di costo della vita nel Paese.
Il salario minimo è previsto in molti Paesi, è vero. Ma pochi paesi presentano le differenze economiche e sociali che esistono tra le regioni italiane. In Svizzera, dove la diversità è ricchezza, ma anche un elemento di criticità, il salario minimo è stabilito da ogni cantone, perché vivere e lavorare a Lugano è diverso dal vivere a lavorare a Ginevra o Zurigo. E gli stipendi ne tengono conto.
In un sistema come quello italiano, la proposta di un salario minimo non commisurato agli indici di spesa locale potrebbe portare le aziende a ridurre le assunzioni, aumentando l’automazione.
Infine, c’è il tema della produttività. Lo Stato italiano presenta uno degli indici di produttività più bassi al mondo. Il Paese, semplicemente, non cresce e continua a essere popolato da piccole e medie imprese, che difficilmente riescono a sfruttare sistemi di economia di scala o strategie manageriali complesse, e proprio per questo motivo rimangono piccole e poco produttive. La mancanza di riforme in ambito di istruzione professionale e università e di migrazione professionale hanno dato il colpo di grazia al sistema economico-sociale italiano, con disparità e problematiche che passano dalla mancanza di lavoro, all’eccesso di offerta e mancanza di lavoratori. Il salario minimo risolverà tutte queste problematiche? Probabilmente no. Anzi, una possibile implementazione, se sviluppata senza i giusti accorgimenti, rischia di sviluppare ulteriori conseguenze su prezzi dei prodotti e danneggiare su vari livelli l’ecosistema imprenditoriale, dove le vittime saranno, come spesso accade, gli stessi lavoratori.