Milano – Il popolo delle partite Iva è tornato a crescere. Artigiani, commercianti, agricoltori - le professioni tradizionali tra gli autonomi - sono in calo, mentre si fanno largo web designer, social media manager e consulenti che abbracciano informatica, digitale, investimenti. Professioni senza albo né ordini professionali. I dati dell’ufficio studi della Cgia di Mestre disegnano due curve opposte.
La prima, secondo i dati Istat, racconta una ripresa dopo il 2020, l’anno del Covid: al 31 dicembre 2023 il numero di occupati indipendenti ha di nuovo superato il tetto dei 5 milioni, con una crescita di 61mila unità e un incremento dell’1,2% sul 2022. Di questi la Lombardia ne conta 863mila, 21,4mila in più e una variazione positiva del 2,5%.
L’inversione di tendenza rispetto al periodo 2019-2023, l’ultimo prima del Covid e gli anni dell’emergenza sanitaria, è timida ma c’è: a livello nazionale torna il segno positivo dopo quattro anni segnati da una perdita di oltre 230mila indipendenti e una variazione del -4,4% in linea con il trend lombardo (-41,6mila occupati, -4,6%). Se la curva degli autonomi è tornata a salire già dal 2021, c’è un ramo delle professioni indipendenti, quelle tradizionali, che non conosce ripresa: artigiani, commercianti, agricoltori sono scesi da un totale di 4,2 milioni nel 2014 a 3,7 nel 2022. Mezzo milione in meno con una perdita dell’11,7%.
La Lombardia ha pagato un prezzo più alto della dinamica nazionale: gli 89,7mila lavoratori in meno sono costati il 13,7% in meno di addetti. Le province più colpite dalla perdita degli autonomi tradizionali sono Mantova, Lodi, Pavia, Varese e Cremona. Quattro delle prime cinque si trovano nella Bassa, con variazioni negative comprese dal 17 al 15%, dato che accomuna anche Como e Sondrio. A Bergamo e Lecco la diminuzione degli addetti è stata leggermente inferiore, intorno al 14%. Solo Brescia (12,1%) e Milano (11,3%) sono riuscite a perdere meno della media regionale.
Gli artigiani hanno pagato il prezzo più alto a Mantova (-20,7%), Como (-18,5%), Varese (-17,7%), Pavia (-17,6%), Lodi (-16,8%) e Sondrio (-16,7%). Milano e Brescia sono le province che hanno contenuto di più il calo fermandosi al 14%. Nel commercio è Lodi la maglia nera con una variazione negativa del 16,6%, seguita da Pavia (-16,1%) e Mantova (-15%). Tra le prime cinque lombarde ci sono anche Sondrio (-13,7%) e Bergamo (-12,1%). Lecco e Como hanno perso l’11,6% e l’11,3%, mentre Brescia (-10,4%) e Milano (-9,2%) si confermano le più resistenti. Il calo degli agricoltori, invece, ha attraversato da sud a nord la Lombardia: Cremona ha perso il 17,2%, Mantova il 14,7%, Sondrio il 14%, Lodi e Pavia il 13 e il 12%. A Bergamo e Milano la caduta si è fermata all’8,2 e al 4,9%.