LUCA BALZAROTTI
Economia

Lombardia, innovazione a ostacoli: "Industria tradizionale, banche e infrastrutture frenano lo sviluppo"

Più di un'impresa innovativa su tre ha sede nella regione. Milano è la città leader, con oltre 47mila imprese innovative, seguite da Brescia, Bergamo, Monza e Varese. Tuttavia, l'Italia è ancora arretrata in termini di innovazione.

Marco Vivarelli, professore di economia dell’innovazione e direttore del dipartimento di politica economica dell’Università Cattolica di Milano

Marco Vivarelli, professore di economia dell’innovazione e direttore del dipartimento di politica economica dell’Università Cattolica di Milano

Milano, 21 luglio 2023 – Più di un’impresa innovativa su tre ha sede in Lombardia.

Milano, che ha ottenuto dall’Unione europea la sede della terza sezione del Tribunale europeo dei brevetti, ne conta oltre 47mila sulle 110mila attive nella regione (13,3% del totale nazionale). A Brescia (14mila) e Bergamo (11mila) se ne concentra rispettivamente il 4% e il 3% di tutta Italia. Monza (8.700), Varese (7.500) e Como (5.200) ne raccolgono tra il 2 e 1%.

"I numeri confermano l’alta concentrazione di attività innovative nel nord-ovest e in particolare in Lombardia, così come per i brevetti depositati – spiega Marco Vivarelli, professore di economia dell’innovazione e direttore del dipartimento di politica economica dell’Università Cattolica di Milano –. Ma la Lombardia è il motore di una macchina che fatica. L’Italia è tra i Paesi più arretrati in tema di innovazione insieme al Sud Europa. Nell’area a Est siamo stati superati dalla Repubblica Ceca e stiamo per essere sorpassati dalla Polonia a causa di difficoltà che si evidenziano anche nelle province lombarde con meno imprese innovative".

Quali?

"La prima riguarda la forte specializzazione produttiva in settori tradizionali piuttosto che in industrie innovative come la realizzazioni di algoritmi e l’intelligenza artificiale. C’è un problema produttivo e di adozione: da noi l’intelligenza artificiale si limita ancora ai chatbot, l’assistente virtuale che ci aiuta online".

La concentrazione di imprese innovative a Milano e in poche province (Brescia, Bergamo, Monza e Varese) a cosa è dovuta?

"Al fatto che l’hi-tech si concentra ancora soprattutto nel manifatturiero. Milano a parte, dove si trovano anche i servizi specializzati, le altre sono le province più manifatturiere".

Ci sono anche limiti geografici o di infrastrutture?

"Sì, ci sono zone dove due camion insieme non riescono a passare. Quello dei collegamenti è un limite, così come le connessioni internet che in alcune zone non sono ancora ultraveloci. Però se hanno realizzato distretti hi-tech nel deserto e nel nord Europa si possono fare anche nelle zone montane della Lombardia".

Quali altri ostacoli rallentano l’innovazione?

"Il secondo grande problema riguarda le dimensioni. Nonostante la grande enfasi che riversiamo sulle piccole e medie imprese (Pmi), quando le sfide diventano radicali come nel caso dell’intelligenza artificiale l’innovazione diventa “affare“ da grandi imprese. Ne abbiamo poche, sia pubbliche sia private, perché anno dopo anno abbiamo rinunciato alle realtà di grandi dimensioni".

C’è anche un gap di risorse economiche destinate alla ricerca e sviluppo?

"C’è un tema legato ai finanziamenti dell’innovazione. Le banche prestano capitali a chi offre garanzie. Finanziano più agevolmente un progetto industriale tradizionale, presentato da un imprenditore che offre certezze, piuttosto che sostenere il progetto innovativo di due laureati in fisica che non hanno una storia patrimoniale".

C’è un’alternativa alla dipendenza dal credito erogato dagli istituti bancari?

"Il venture capital. Una strada da percorrere con più insistenza: in questo caso chi crede in un progetto anche innovativo entra nella vicenda imprenditoriale accompagnandolo in tutto il percorso. L’altro vantaggio è la capacità di distinguere i progetti validi da quelli che invece non meritano, perché se parliamo con gli imprenditori tutti dicono di essere innovativi: è un modello alternativo a quello dei pochi contributi a pioggia che crea più consensi e viene preferito dalla politica".

Esistono delle palestre per le imprese che nascono con l’obiettivo di innovare?

"Per innovare è importante il contatto con le università e altre imprese. Ci sono i parchi tecnologici ma da soli non bastano. La parola chiave è la selezione: darsi 3-5 anni per vedere come un’azienda si muove sul mercato e su chi investire i sussidi in modo mirato".