Teo Teocoli: "Che compleanno: per colpa del virus tanti auguri... al telefono"

Vita e carriera: "Hanno chiamato Boldi, Pozzetto, Celentano no. Poi dal nulla magari ti dice “Uè, ma non ti fai mai sentire?"

Teo Teocoli

Teo Teocoli

Milano, 27 febbraio 2020 -  I monelli non invecchiano. Soprattutto a teatro. Il tempo è poco più di una scusa per festeggiare. O per farsi una bella chiacchierata. Come per i 75 anni di vita stravissuta di Teo Teocoli, ragazzo del 1945. Compleanno in sordina lo scorso martedì. Due date saltate nel weekend al Nuovo (maledetto virus). Rimane la voglia di raccontarsi. Prima di ricominciare per teatri e tv.

Teocoli, come ha festeggiato? "Al telefono. La gente non si è fidata ad uscire di casa. Scusami il termine, ma è stato proprio un compleanno del cavolo. E pensa che il giorno prima ci ho messo 7 ore a tornare in treno da Roma, dove mi è saltata pure la festa a Domenica in".

Come mai? "Hanno dovuto inserire il premier Giuseppe Conte e io sono scivolato fuori. Pazienza, torno da Mara presto. Ma il viaggio di rientro mi ha ricordato quando scendevo giù in Calabria da mia nonna, con la Freccia del Sud. Oggi poi la mia Milano è avvilente: i mercati sono vuoti, i teatri chiusi".

Chi l’ha chiamata per gli auguri? "Boldi, Pozzetto, qualcuno del Derby, i ragazzi della compagnia. Adriano Celentano no, ma lui non chiama mai. È un po’ così. Magari poi spunta dal nulla e ti dice: “Uè, ma non ti fai mai sentire?”".

Siete cresciuti insieme. "Mi porto appresso questa cosa che ci assomigliamo. Un po’ ci marcio, è stata una grande avventura. Un po’ penso che sono decisamente più bello. Ormai non lo imito, lo sostituisco proprio, come succederà anche alla trasmissione di Enrico Ruggeri e Bianca Guaccero. D’altronde lui è sempre più impalpabile, isolato. Tornerò presto anche da Fazio, dove ho fatto Ibrahimovic. Questa volta pensavo di presentarmi come Donnarumma".

La divertono sempre le imitazioni? "Sì, anche se non danno grande prestigio in una carriera. Però quando vengono bene le persone si divertono. Il mio lavoro alla fine è osservare le cose curiose dei personaggi famosi e delle persone comuni, trasformando tutto in un monologo".

Si è sempre mosso con grande libertà. "È vero. Ma la libertà ha un prezzo in un ambiente dove ci sono i giri, le amicizie, i salotti. A me però piace così. Salto sulla macchina e faccio 400 km per una data in provincia. All’inizio mi pesa ma poi arrivo e c’è il teatro pieno, gli amici mi aspettano, si fanno due risate, un brindisino. E una volta finito altri 400 km per tornare a Milano, mangiando insieme un panino in macchina e ascoltando la musica. Come 60 anni fa, pieni di adrenalina".

Un rimpianto? "Il cinema. Ero troppo pretenzioso, volevo la Commedia all’Italiana, Tognazzi e Gassman, continuare la tradizione. Invece diminuirono gli autori ed ebbero il sopravvento i cabarettisti, che portavano sul set i loro personaggi. Erano filmetti e a me non piacevano".

C’è qualcuno da cui si è sentito tradito? "Ho il dispiacere di essermi perso di vista con i ragazzi del Derby, quando fu chiuso per questioni burocratiche. Da un giorno con l’altro non ci siamo più sentiti. Ho qui una foto tutti insieme e ogni tanto ci penso. Anche al fatto che parliamo di 50 anni fa…".

Il momento più bello? "Quando ho unito cose diverse: Emilio con Zuzzurro e Gaspare, Mai dire gol della Gialappa’s, Quelli che il Calcio, i tre Sanremo. Erano anche gli anni dei grandi show televisivi di Bibi Ballandi, le trasmissioni di Morandi, Fiorello, Salemme, Adriano. Portavo sul palco me stesso e mi divertivo".

Che augurio si fa per i prossimi 75 anni? "Che le mie figlie si sposino! Del lavoro non posso proprio lamentarmi, ora sono anche meno polemico e irascibile, alla fine un po’ di saggezza è arrivata".