
Steve Hackett
Vigevano, 4 luglio 2017 - Otto album, una vita. Nonostante una carriera ricca di importanti momenti solistici come “Voyage of the Acolyte” o “A midsummer night’s dream”, l’allure artistica di Steve Hackett rimane legata soprattutto ai dischi incisi tra il 1971 e il 1977 con i Genesis. Ed è proprio nel segno della band di “Afterglow”, che il sessantasettenne chitarrista inglese si presenta in concerto questa sera al Castello Sforzesco di Vigevano, affiancato da Roger King alle tastiere, Gary O’Toole alla batteria, Rob Townsend ai fiati, Nick Beggs al basso e Nad Sylvan ai cori.
"La risposta del pubblico italiano continua ad essere molto alta nei miei confronti - spiega – merito, forse, dell’approccio romantico e da cantastorie della musica che ho fatto dentro e fuori dai Genesis. Penso, infatti, che ci sia un intimo legame tra la musica progressive e quei mondi classici su cui poggia la cultura italiana a cominciare da Vivaldi o il belcanto".
Ma il pubblico italiano cosa ama maggiornemente del suo repertorio?
"L’approccio multidimensionale con il suono, che crea una continuità fra la musica e chi l’ascolta. Me ne sono reso conto soprattutto una sera d’estate del 2002 a Todi, quando, nella cornice della rassegna The Art of Dreaming, mi ritrovai solo con la chitarra acustica tra migliaia di spettatori che gremivano Piazza del Popolo in un silenzio partecipe rotto solo dall’emozione dei brani".
In questo tour c’è pure un nuovo album da scoprire, “The night siren”.
"Già, brani come “Behind the smoke“ o “El niño” vengono da lì. Ma cinque-sei pezzi arrivano pure da “Wind & wuthering“ dei Genesis, per celebrare il quarantennale caduto proprio lo scorso dicembre. Ancora oggi, infatti, reputo quell’album tra i migliori della mia carriera. Eseguiamo pure “Inside and out”, che avrebbe dovuto far parte di quel disco e poi, invece, fu pubblicata separatamente (nell’ l.p. “PigeonI uscito cinque mesi dopo - ndr) nonostante provenisse dalle stesse sedute di registrazione. La mia band ne offre, infatti, una versione molto buona, che recupera lo spirito originale.
Opera filologica?
"Una volta ho sentito dire ad Andrés Segovia che lui eseguiva alla chitarra la musica del grande compositore impressionista Enrique Granados “per restituire al pubblico un pezzo dell’anima della Spagna”; ecco, attraverso “Wind & wuthering” io cerco di fare la stessa cosa con i Genesis".
“Wind & wuthering” è stato il suo ultimo album con i Genesis. Ripensando a quei tempi cosa prova?
"Non ho alcun rammarico per aver lasciato la band. Fu una scelta mia, dettata dal bisogno di conquistare totale autonomia artistica e decisionale sulle scelte. Ma amavo i miei compagni e la musica dei Genesis, tant’è che pure da solista ho continuato a celebrarla".
In “The night siren” figurano pure Kobi Farhi e Mira Awad, un cantante israeliano e una palestinese.
"Al disco collaborano una ventina di amici provenienti da tutto il mondo. Le grandi divisioni della politica si ricompongono con la musica perché quando sei in studio uno ha bisogno dell’altro, uno cerca l’altro per creare quel senso di armonia che spesso manca in questo pianeta fatto di differenze. Sono i miracoli della musica, che rimane il vero esperanto dei popoli. Un po’ come la lingua italiana per il mondo dell’opera".