ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Paolo Conte: "Voglio cantare fino a 90 anni come Trenet"

Paolo Conte agli Arcimboldi di Milano

Paolo Conte (Bettolini)

Milano, 10 novembre 2016 - "Da tempo, forse da sempre, pensavo a un lavoro solo strumentale: credo che al contenuto, al famigerato messaggio, si è data nei decenni passati eccessiva importanza” spiegava qualche tempo fa Paolo Conte presentando il suo album strumentale “Amazing game” eppure domani e sabato arriva agli Arcimboldi con uno spettacolo che a quel “messaggio” affida buona parte del suo fascino. “Io sono un collezionista di dischi, un ascoltatore quasi onnivoro, che nel tempo ha selezionato le sue passioni, per arrivare a gusti ben precisi: dalla musica classica al jazz so dove dirigermi per momenti di grande godimento” spiega. “Non mi sento un nostalgico, ma credo che gli anni Venti-Trenta siano in assoluto il centro nevralgico delle rivoluzioni e delle maggiori novità di linguaggio della cultura e dell’arte. Mi piace credere che tanti sogni anche per le generazioni possano ancora partire da lì”.

L’avvocato torna così a cavalcare l’epopea del Mocambo, per spandere afrori di rumba col mistero esotizzante di un “tanguero encantador”. Ed è proprio quella palma che spunta in un angolo del celebrato “tinello marron” a stuzzicare l’appetito per questi due concerti con cui l’Avvocato Azzurro alza il sipario sul suo trafficato orizzonte di nostalgie dadaiste, di sogni pachidermici, di sofà di “crétonne”. «Aveva ragione Jannacci quando diceva “tu scrivi, che tanto poi ci penseranno i critici a spiegarti cosa hai fatto”. Non ho mai creduto di essere un artista sorprendente, se mai un artista sorpreso. C’è chi vede in me Duke Ellington e chi la pietra filosofale; magari sarà pure vero, ma io non me ne accorgo. Più che una celebrità, mi sento quello a cui un giorno Bartali disse: “che sarebbe ‘sta storia del mio naso triste come una salita? Ma ti sei mai visto tu la nappa che ti ritrovi?’”.

Agli Arcimboldi il nostro cantautore più fine e solenne ritrova, dunque le parole, dopo quella che considera una parentesi discografica anomala. “Non ho assolutamente intenzione di abdicare, di abbandonare la canzone: anzi, ho diversi titoli accantonati, perché capita che alcune cose ti piacciano ma abbiano bisogno di decantare, di riposare prima di essere mandate in giro” spiega. “Nell’ultimo album riecheggiano sapori e ingredienti che altrimenti avrei fatto fatica a tenere insieme: e poi non sarei riuscito a metterci sopra delle parole, credo possano funzionare così. Senza un filo conduttore, né una omogeneità: piuttosto puro divertimento, condiviso con tanti musicisti, il che mi rende impossibile portare questi brani strumentali in concerto. Mi servirebbero organici strani, prove, mentre i nostri meccanismi live sono ormai consolidati”. Sulla soglia di quegli ottant’anni che compirà il prossimo gennaio, Conte dice di voler trasformare il palcoscenico il suo parcheggio dei sogni per molto tempo ancora. “Salute permettendo, naturalmente; confesso che l’idea di cantare fino a novant’anni, come Charles Trenet, non mi dispiacerebbe”.