
Sulla scia dei consensi ricevuti dalle precedenti esperienze in bilico tra concerto e grande schermo, torna agli Arcimboldi oggi...
Sulla scia dei consensi ricevuti dalle precedenti esperienze in bilico tra concerto e grande schermo, torna agli Arcimboldi oggi (ore 20.30) e domani (ore 15) l’Orchestra italiana del Cinema. E lo fa nella sua formazione più ampia, 120 elementi, per sonorizzare dal vivo la proiezione in alta definizione di “Avatar”, il blockbuster di James Cameron (tre premi Oscar) da cui è originata la saga in attesa (a dicembre) del suo terzo capitolo. Musiche di James Horner. Sul podio Ludwig Wiki, già direttore della première mondiale. A parlarne è il primo violino Prisca Amori.
Non un semplice concerto, non una direzione ordinaria. "Questi tipi di progetti hanno bisogno di direttori esperti nel dirigere con l’occhio al monitor per mantenere la musica in perfetto sincrono con le immagini. Capacità che richiede mediamente un paio d’anni di pratica. Tant’è che i direttori, dopo aver seguito questi corsi specifici, prima di affrontare la prova dei teatri vengono sottoposti ad un’accurata selezione".
La colonna sonora musicalmente più complessa? "“Harry Potter e la pietra filosofale“, molto complicata a livello tecnico. Anche perché ha rappresentato il primo approccio dell’Orchestra italiana del Cinema con questo tipo di progetto, con la conseguente difficoltà di capirne il meccanismo e ad entrarci dentro. Pure il secondo capitolo della saga del maghetto, “Harry Potter e la camera dei segreti“, s’è rivelata abbastanza difficile".
E fra gli autori ce ne sono di più o meno facili? "Ho registrato quasi tutte le colonne sonore di Ennio Morricone dal ’93 in poi e ne ricordo alcune particolarmente complesse come quella de “La leggenda del pianista sull’oceano“. Pure John Williams è abbastanza difficile. I compositori più giovani hanno mediamente un tipo di scrittura più semplice. Ognuno ha il suo linguaggio e quindi bisogna entrare nella personalità del compositore perché l’aspetto tecnico non si può scindere da quello emotivo, all’idea di suono che ha".
Differenze generazionali? "Alcuni di vecchia scuola amano il suono caldo con un bel vibrato, mentre altri più giovani lo preferiscono più lineare e pulito, moderno. Questo perché compongono su tastiere e hanno l’orecchio abituato a quella tipologia di suono lì".
Avete eseguito pure un Bond, “Skyfall”. "Esperienza divertentissima, perché c’erano diversi pezzi pop, cantanti, molta batteria, molte percussioni, e la trama di un bellissimo film da seguire. E poi sul podio c’era un direttore bravissimo come Anthony Gabriele. Ma ormai siamo abituati ad essere condotti da direttori preparatissimi".
Andrea Spinelli